Paola Scollo, docente di storia greca presso la facoltà di Lettere dell’Università eCampus, si occupa di studiare la figura di Alessandro Magno anche dal punto di vista eroico. Lo scopo di questo saggio è di mettere in luce l’eroismo di Alessandro in modo tale da inquadrare meglio la dimensione politica e militare della sua figura. Per realizzare ciò, la studiosa si basa su un lavoro storico e filologico sulle fonti principali del Macedone.
Il saggio è composto da tre parti in cui vengono analizzate altrettanti differenti temi. Nel primo capitolo Scollo imposta un’accurata definizione dell’eroe nel mondo greco, rivolgendosi in particolare ai poemi omerici. La trattazione inizia riprendendo il celebre testo di Paul Veyne: Les Grecs ont-ils cru à leurs mythes? Attraverso questo volume si cerca di spiegare quale sia il significato del termine eroe, il suo ruolo nella società greca, la sua natura e, ancora più importante, se lo si può portare dalla sfera mitologica a quella storica. Quest’ultimo aspetto viene rafforzato dalla studiosa affermando che «i miti, in quanto frutto dell’intelletto umano, sono saldamente ancorati alla storia» (p. 28) e tale passaggio è possibile in virtù del fatto che gli antichi Greci proiettavano sull’eroe una serie di valori e modelli comportamentali. A questo proposito, per comprendere il modus operandi di Alessandro, viene preso in esame l’eroe greco per eccellenza, Achille. Scollo comincia a delineare le assomiglianze tra l’eroe e il sovrano macedone. Molte, infatti, sono le similitudini riscontrabili e, attraverso lo studio critico delle fonti e dell’Iliade, vengono messe in luce. Un esempio fra tutti è il trattamento riservato da Alessandro al governatore di Gaza e alleato dei Persiani, Beti. Il sovrano macedone fece infilzare i talloni del governatore e, dopo averlo legato a un cocchio, lo fece girare attorno alla città. Dopo il supplizio Alessandro si vantò di aver imitato Achille nel modo di vendicarsi d’un nemico. È chiaro il richiamo al XXII canto dell’Iliade in cui il Pelide trascina il cadavere di Ettore attorno alle mura della città di Troia. L’unica differenza riscontrabile tra i due episodi è la decisione di Alessandro di lasciare in vita il nemico.
Questo aspetto iracondo del Macedone non è unico nel suo genere ma non rientra nemmeno nei suoi atteggiamenti abitudinali. Difatti le fonti mettono ben in evidenza come egli sapesse essere generoso e clemente. Anche questo aspetto richiama un modello eroico: nella pietas di Alessandro di fronte al corpo esanime del suo nemico, Dario III, si può vedere la stessa pietà mostrata da Achille al sovrano di Troia, Priamo.
Un altro aspetto fondamentale messo in evidenza è la formazione letteraria di Alessandro e la sua educazione ricevuta dal filosofo di Stagira, Aristotele. Difatti «l’influenza che Aristotele esercitò sul giovane macedone non fu di carattere politico» (p. 112). Per questo motivo la studiosa comincia a delineare come la dimensione eroica del Macedone può essere collegata alla sua formazione e alla sua cultura. Anche in questo caso viene data particolare attenzione all’Iliade.
Per tale ragione, nel secondo capitolo, inizia il confronto tra Alessandro e Achille. Il paragone inizia attraverso il gesto di scagliare un oggetto. Infatti Omero, nel primo canto, ci narra come Achille, adirato con Agamennone, getta a terra lo scettro durante l’assemblea mentre Alessandro, prima di approdare in Asia, scaglia la lancia in terra d’Asia. Questo gesto viene ricondotto alla volontà di rivendicare la propria identità di guerriero e, in questa chiave, Scollo analizza il significato del gesto di Alessandro.
In questa analisi la studiosa ricollega questa reminescenza omerica al nesso tra la spedizione achea e quella macedone. Ma non solo. La spedizione contro la Persia ambisce a essere un’ideale continuazione delle guerre persiane. Per questo motivo Alessandro aveva assunto su di sé il ruolo di liberatore e di vendicatore dei Greci. L’invasione di Serse, e prima quella di suo padre, era ancora nelle memorie dei Greci e il sovrano macedone, che si sentiva greco, aveva assunto il comando della lega di Corinto promettendo di vendicare le empietà del sovrano persiano. A questo proposito Paola Scollo sottolinea come i Greci avevano sempre guardato con sospetto i Macedoni, ritenendoli persino dei non Greci. A tal proposito l’autrice mette in luce i diversi motivi da Alessandro I e giungendo ad Alessandro III.
Un altro rituale preso in esame dalla studiosa è la visita a Ilio e il rito compiuto presso la tomba del Pelide da parte del Macedone. Questo è il primo gesto esplicito compiuto dal sovrano prima di iniziare la vera e propria spedizione. Questa visita si può ritenere fondamentale dal punto di vista sia politico-propagandistico sia ideologico. In quest’ottica l’antitesi tra Alessandro e Dario III è da assimilare al contrasto tra Achille ed Ettore. Ma non solo: infatti si può scorgere anche gli altri eroi del poema tra cui Priamo, Protesilao, Odisseo e, infine, Patroclo. L’attenzione viene comunque posta su Achille in quanto, senza ombra di dubbio, è stato l’eroe che più ha suggestionato Alessandro. Un’altra similitudine è riscontrabile nell’episodio della morte di Efestione. Il termine di paragone si trova presso il XVIII canto dell’Iliade in cui il dolore di Achille, per la morte di Patroclo, sfocia violentemente trasformando l’ira in vendetta. A questo proposito la Scollo segue gli sviluppi essenziali presentando il confronto tra le due figure.
L’ultimo campo di indagine di questo saggio è la categoria del divino. L’autrice, che inizia ad analizzarlo alla fine del secondo capitolo, espone una serie di riflessioni sul sentimento religioso di Alessandro che lo portarono a ritenersi discendente di Zeus e nell’identificarsi con Dioniso ed Eracle. La domanda a cui l’autrice cerca di dare una risposta è se Alessandro abbia presentato questa sua discendenza attraverso gesti, simboli o riti. Per rispondere a questo quesito e, soprattutto, per cercare di delineare quanta valenza abbia attribuito al suo ruolo religioso, la studiosa inizia dall’episodio del nodo di Gordio per poi passare all’oracolo di Ammone a Siwa.
L’episodio del nodo di Gordio è ben documentato nelle fonti sul Macedone. Nonostante le discrepanze l’episodio si conclude con il taglio o, a seconda delle fonti, lo scioglimento del famoso nodo che, secondo la leggenda, gli avrebbe garantito il dominio sull’intera Asia. Scollo, confutando le critiche di Paul Faure, sottolinea come questo episodio possa essere considerato adatto per legittimare o giustificare la volontà del Macedone di sottomettere l’impero del Gran Re.
L’ultimo capitolo è un approfondimento del legame tra Alessandro, Dioniso ed Eracle. Scollo ripercorre la tradizione di Plutarco secondo cui il Macedone discenderebbe da parte di Filippo da Eracle e da parte di Olimpiade da Eaco che, tramite il figlio di Achille, ha dato inizio alla dinastia dei sovrani dell’Epiro.
Lo studio si concentra particolarmente su Dioniso e il viaggio in India. A tal proposito l’autrice si chiede se Alessandro avesse intenzione di ripercorrere i passi del dio e, soprattutto, se volesse presentarsi come un liberatore, fondatore e civilizzatore dell’India. Per rispondere a queste domande Scollo si avvale dell’oratio pronunciata ai suoi compagni da Alessandro presso il fiume Ifasi. Il Macedone inizia il suo discorso sottolineando come «per un uomo valoroso io credo che non ci sia altro termine alle fatiche se non le fatiche stesse che lo guidano a imprese gloriose» (p. 239) e conclude affermando: «resistete, Macedoni e alleati: solo chi sopporta fatiche e accetta pericoli compie imprese gloriose; ed è dolce vivere valorosamente e morire lasciando una gloria immortale». Innanzitutto Scollo mette ben in evidenza la capacità oratoria del sovrano riconducibile anch’essa alla sfera eroica. Di questo discorso si può porre l’accento sulle “imprese gloriose”, un altro possibile richiamo al mondo eroico, in particolare ad Achille il quale preferì una vita breve ma con gloria eterna. Inoltre, dalle parole del Macedone, traspare il suo progetto: egli voleva completare la conquista del mondo procedendo a ovest fino ad arrivare alle colonne di Eracle.
Il legame con Dioniso viene anche esplicato da diversi episodi tra cui l’iniziazione di Filippo e Olimpiade ai misteri presso Samotracia, in particolare i riti compiuti dalla madre, l’arrivo in India del sovrano e l’attacco di Alessandro alla città di Nysa.
Prima di giungere alla conclusione la studiosa sottolinea la diversità del legame del Macedone con Eracle. Scollo infatti sottolinea come questo rapporto, a differenza di quello con Dioniso, è attestato dalla tradizione storiografica, in particolare nell’età dei diadochi. Questo legame rimane di difficile interpretazione. Anche in questo caso le domande sono molte: fu una forma di venerazione oppure il Macedone si riconobbe nell’eroe? Dato che nelle fonti letterarie i ritratti di Eracle sono contrastanti, a quale profilo dell’eroe venne fatto proprio da Alessandro? Le risposte sono molteplici e di difficile lettura. A tale proposito la studiosa ritiene fondamentale soffermarsi sul mito e, in particolare, sull’immortalità di Eracle. Per analizzare questo tema Scollo si avvale dell’Iliade, in cui troviamo l’eroe citato in diversi canti, e altre fonti letterarie. Dopo aver delineato un profilo dell’eroe, viene data particolare importanza all’arrivo in India di Eracle. È in questo contesto che viene tracciato il legame tra l’eroe greco e Alessandro.
Infine, giungendo alla conclusione, la studiosa pone l’attenzione non sulla volontà di vedere in Alessandro un novello Achille, bensì dando rilevanza al tentativo del Macedone di assimilare la tradizione letteraria greca e di ascriversi in essa.
Giulia Morganti