Milano forchetta in mano
Un progetto di digital public history

di Andrea Lo Bocchiaro, Davide Redaelli, Yessica Cordova Urbina, Paolo Kron, Simona Petrella, Sonia Ferri

Reduci da un’affascinante competizione, condotta nell’ambito della terza parte del corso di Storia e Web, siamo stati invitati, in quanto gruppo risultato vincitore della sfida, a presentare i contenuti e le modalità di realizzazione del nostro progetto, intitolato Milano forchetta in mano.

La sfida lanciata dal docente, prof. Fabio Guidali, era di individuare, nello sterminato archivio informatico dei beni culturali della Regione Lombardia, una risorsa attualmente trascurata, o non sufficientemente valorizzata, e ideare un progetto di gruppo atto a rivalutarla, per presentarne al pubblico gli aspetti degni di nota attraverso il digitale. È stato così che Milano forchetta in mano è stata valutata come l’idea più interessante da una commissione composta da Fabio Guidali e Marina Gazzini del Dipartimento di Studi storici e dalla dott.ssa Maria Cristina Piva.

I primi due moduli del corso ci avevano già fornito i rudimenti della storia digitale; ne avevamo colto il carattere transmediale, sperimentale e collaborativo, e ci eravamo avvicinati con cognizione di causa anche a quelli che sono gli strumenti, le metodologie e le tecnologie informatiche per la ricerca e l’utilizzo di informazioni disponibili in rete, compendio indispensabile per la nostra generazione di storici che dovrà certamente frequentare archivi e biblioteche, ma che non potrà esimersi dall’utilizzo del web per le ricerche e per la condivisione dei risultati.

Il progetto

L’idea sviluppata dal nostro gruppo ha preso le mosse da una constatazione fatta dopo una prima navigazione all’interno dell’archivio dei beni culturali lombardi, vale a dire la presenza di migliaia di fotografie riguardanti lo stare a tavola dei milanesi nel corso di tutto il Novecento. Si tratta di reperti affascinanti, dispersi però tra numerosi fondi archivistici e fotografici, e solo in parte organizzati in maniera tale da essere visibili sul web. Queste fotografie, sebbene digitalizzate e archiviate, vivono sostanzialmente una situazione di oblio, in quanto non ne viene veicolata la diffusione e la conoscenza. Ci siamo dunque lasciati ispirare da alcune iniziative presenti in rete in ambito nazionale e internazionale, come Europeana.it, 900trentino.museostorico.it, StatueofLiberty.org, e ci siamo richiamati, oltre che agli insegnamenti di alcuni capiscuola della storia digitale come Roy Rosenzweig e Jeffrey Schnapp, al precursore della fotografia sociale Jacob Riis. È stato così che il nostro gruppo ha cominciato a delineare i contorni di un progetto che rispondesse ai criteri della digital public history e che, contemporaneamente, potesse essere calato nella realtà della città di Milano. Un’iniziativa capace, a un tempo, di essere d’interesse sia per i milanesi, che possono rivedersi in quegli stessi luoghi o situazioni rappresentati in fotografia, sia per tutti gli appassionati e gli studiosi. Il nostro obiettivo, fin dalle prime battute, è stato inoltre quello di ipotizzare un progetto che avesse un’ispirazione sociale, generativa e partecipativa, ossia che superasse la dimensione di semplice raccolta online di fotografie per legarsi eventualmente all’attività di associazioni benefiche presenti sul territorio.

Il tema

Pensare al progetto non solo in termini di divulgazione storica, ma anche di più immediata utilità sociale, ci ha portati inevitabilmente a riferirci ai temi del lavoro, della famiglia, dell’istruzione, e a tutte quelle istituzioni aggreganti che fanno parte della nostra vita. Grazie al grande patrimonio documentario già disponibile online, sarebbe quindi stato possibile raccogliere immagini ispirate a queste grandi tematiche, ma era necessario individuare un singolo elemento aggregante per garantire coerenza all’intero progetto. Lo abbiamo trovato in qualcosa che ci riguarda tutti, senza distinzione di sesso, età e classe sociale: il cibo. Esso costituisce certamente quel filo conduttore che permette di rappresentare la vita dei singoli e di raccontarne la storia in un ideale viaggio nel tempo.

Attraverso il cibo e le immagini delle persone catturate nell’atto del mangiare, è certo possibile narrare le storie di tanti esseri umani anonimi e senza voce che a Milano hanno vissuto e lavorato, contribuendo con la loro fatica a renderla una grande e moderna città europea. Ecco, quindi, il tema da seguire: Milano nel Novecento raccontata attraverso il cibo, i luoghi in cui esso veniva e viene consumato, come mense, cucine famigliari, ma anche strade tra le case bombardate e baracche dei tanti profughi e immigrati. A questo si è voluto aggiungere anche un tema legato a uno dei comparti industriali di riferimento del panorama milanese, ossia le fotografie della Triennale e della grande Fiera di Milano relative ai complementi e mobili da cucina nella loro evoluzione dai primi anni del Novecento a oggi.

La mostra virtuale Milano forchetta in mano è dunque stata concepita intorno a tre macro-sezioni: il lavoro, la famiglia e il design. Si tratta di un percorso che, tramite le fotografie d’archivio, porta a scoprire e a ragionare su come si siano evoluti i costumi e la qualità di vita delle generazioni che ci hanno preceduto. Ciò però non basta a definire un progetto di public history che, come abbiamo appreso, deve essere generativo, cioè deve portare un contributo nuovo e diverso rispetto agli elementi che lo compongono. Perciò Milano forchetta in mano è stato pensato come un sito web liberamente accessibile che, oltre alle foto di archivio, può accogliere anche i contributi dei visitatori, sia con testimonianze e immagini, sia con ricette di cucina originali (magari tramandate in famiglia negli anni) da raccogliere all’interno dello spazio virtuale a disposizione. Si è pensato, inoltre, di stimolare i visitatori nel devolvere un contributo alle organizzazioni che, in questo periodo di difficoltà dovuta alla pandemia, stanno svolgendo un lavoro encomiabile nel fornire un pasto a coloro che non possono permetterselo.

Nel progetto è stata infine prevista la possibilità di acquistare online le copie stampate delle fotografie presentate nella rassegna, per rendere il progetto in grado di sostenersi autonomamente da un punto di vista economico.

Dove sta la Storia?

Durante la stesura del progetto e la realizzazione del prototipo del sito Milano forchetta in mano, siamo stati continuamente stimolati a domandarci perché proprio noi, storici in divenire, dobbiamo occuparci di  ideare simili prodotti culturali, e dove stia la Storia in questo tipo di attività. Ci siamo resi conto che lo scopo della public history è quello di interfacciarsi con il grande pubblico, ascoltarne le richieste, fornire risposte scientifiche in un modo nuovo, che attragga l’interesse e generi curiosità. Certo, la storia si fa — con la ricerca — all’interno del mondo accademico, ma se non viene veicolata all’esterno e se non trova una funzione sociale perde una parte, piccola o grande che sia, della sua utilità.

Per questo motivo, il nostro progetto si basa due ingredienti popolari, il cibo e la fotografia, quest’ultima tipologia di fonte primaria certamente molto utilizzata dal grande pubblico che, corredata da un’attenta contestualizzazione, attrae e informa allo stesso tempo.

Il nostro progetto vuole pertanto essere una galleria di storia sociale che si dirama intorno al cibo, patrimonio tanto caro al nostro paese, operando su due livelli diversi: quello della fascinazione per un mondo passato, vicino sia temporalmente sia geograficamente, ma così diverso, e quello di una prospettiva di analisi storica che riguarda sì l’alimentazione, ma che vada anche a intrecciarsi con la questione operaia, le guerre mondiali e tutti i grandi temi del Novecento e della sua principale protagonista, la società di massa, che almeno due volte al giorno si siede a tavola.

Il sito

Il cuore del progetto e la sua realizzazione sono quindi costituiti da un sito web, che è stato disegnato in forma prototipale e allegato alla documentazione di progetto. Si tratta di un sito 2.0 che consente l’interazione bidirezionale con i visitatori e che si connota per semplicità e intuitività di utilizzo.

La visita del sito è strutturata in percorsi per immagini; l’utente può lasciare commenti, ma anche donazioni e contributi da devolversi a enti caritatevoli. Sono inoltre previsti degli spazi per gli sponsor, che rappresentano un corollario indispensabile del progetto e la sua sostenibilità.

Le immagini qui presentate mirano a fornire un’indicazione di massima sul sito progettato, che può essere consultato offline caricando alcuni files .html che possono essere forniti ed archiviati localmente. Milano forchetta in mano, infatti, rimane solo in abbozzo per via dei limiti temporali e della mancanza di risorse, e nel prototipo sono state inserite solo alcune fotografie a scopo dimostrativo.

Il lavoro di squadra

Potrà sembrare strano, e certo non è scontato, in ambito storico, lo sviluppo di un progetto di gruppo. È invece pacifico nel mondo delle Digital Humanities, dove è essenziale l’unione di più competenze e la collaborazione di accademici e tecnici affinché il progetto risulti scientificamente corretto, coerente e accattivante allo stesso tempo.

Nel nostro piccolo abbiamo a nostra volta creato una collaborazione, mettendo a disposizione del gruppo le nostre conoscenze e competenze (anche di ambito informatico) e richiamandoci a vicenda a operare secondo quanto appreso durante il corso nelle settimane precedenti. Anche se abbiamo avuto bisogno di una supervisione per non uscire da una strada dai margini molto stretti, abbiamo superato, almeno a livello teorico, i principali scogli di un progetto pensato per essere reale, che ci ha fatto confrontare anche con alcuni strumenti di sviluppo progettuale e commerciale, e posto davanti a un’ipotetica commissione di finanziatori.

L’esperienza ci ha regalato molto a livello umano, pratico e culturale; ci ha permesso di mettere le mani in pasta per la prima volta, allontanandoci per un attimo dalla routine teorica; ci ha fornito un assaggio — per rimanere nell’ambito culinario — di che cosa voglia dire fare una ricerca d’archivio (in questo caso su fondi fotografici) e pensare alla storia in modo originale, immaginandola un punto di vista che era per noi nuovo.

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