Tesi magistrale in Scienze Storiche, a.a. 2023-24, relatore prof. Massimo Baioni, correlatore prof. Paolo Zanini
Quali sono gli obiettivi nelle azioni attuate nella città di Milano nel campo delle politiche della memoria negli ultimi trent’anni? La ricerca nasce da questa domanda e dall’esigenza di capire in quale direzione corra la memoria in un contesto politico e sociale importante e rappresentativo come il capoluogo lombardo.
Introdotto da una lettura teorica su come la memoria si è sviluppata nel corso del Novecento, quando ha progressivamente assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico, e sulle questioni aperte legate al rapporto tra storia, memoria e opinione pubblica, la tesi si basa su un ampio materiale d’archivio e affronta le azioni che le diverse amministrazioni comunali milanesi hanno messo in atto con tre specifici strumenti operativi: i nuovi monumenti, le targhe commemorative e le intitolazioni odonomastiche.
La raccolta e lo studio della documentazione nel contesto in cui le delibere sono state approvate hanno portato a risultati non del tutto scontati, con alcuni fili conduttori che si sono sviluppati nei tre decenni in questione e altre peculiarità proprie delle culture politiche che le hanno adottate.
La data da cui prende avvio la ricerca è il 1993, anno di cesura per la città: le prime elezioni con la nuova legge elettorale che designa direttamente il sindaco, le prime dopo la caduta del muro di Berlino, le prime dopo la stagione di tangentopoli e l’emergere di movimenti politici alla ricerca di nuove identità, le prime che vedono l’affermazione di un soggetto politico non legato alla tradizione del CLN come la Lega Nord.
La grande attesa identitaria generata dall’elezione di Marco Formentini e dall’affermazione della Lega Nord, con il suo portato di allusioni alle tradizioni peculiari della Pianura Padana, si tradurrà, in sostanza, in una delusione per i sostenitori e in un sollievo per i detrattori. Non si registrano, difatti, nei quattro anni di mandato, targhe, intitolazioni o azioni su spazio pubblico di particolare rilievo identitario, confermando un approccio moderato (e quindi meneghino) al tema.
In parte diverso l’approccio nel corso dei due mandati Albertini. In particolare, a partire dal 2001, il contesto politico nazionale e internazionale era in evoluzione, soprattutto in conseguenza degli attentati dell’11 settembre; anche nel dibattito pubblico la ricerca del consenso da parte delle forze di centrodestra si articolò intorno all’attestazione di un’identità occidentale, cattolica e sulla sottolineatura del pericolo rappresentato dal terrorismo internazionale. La giunta Albertini intervenne con più vigore nel campo della politica memoriale: l’intitolazione di largo Stati Uniti d’America, via Caduti per la pace, giardini Quattrocchi (la guardia di sicurezza privata uccisa in Iraq pronunciando come ultima frase “vi faccio vedere come muore un italiano”), i giardini Don Giussani e quelli Escrivà, ma anche i giardini Sergio Ramelli, sono alcuni degli esempi indagati, come anche la vicenda che riguarda l’omaggio a Montanelli e quella delle targhe a Giuseppe Pinelli.
Il mandato Moratti, tra il 2006 e il 2011, segue la traiettoria designata dall’ultimo mandato Albertini: attenzione all’attualità e posizionamento politico, con alcune specificità legate anche in questo caso al dibattito pubblico, l’anticomunismo (o anti-totalitarismo) e la Shoah. Dal 2011 cambia il colore della maggioranza di Palazzo Marino e con esso anche l’approccio nella scelta delle politiche della memoria. Con Giuliano Pisapia prima e Giuseppe Sala poi alcune questioni diventano centrali: il profilo internazionale di Milano, il ricordo delle vittime del terrorismo e della violenza politica degli anni Settanta; particolare attenzione è riservata all’equilibrio di genere nelle intitolazioni e nella monumentalizzazione. Nel 2021, infatti, viene posata a Milano la prima statua da sempre dedicata ad una donna: Cristina di Belgiojoso, seguita, pochi mesi dopo, da quella di Margherita Hack. Le intitolazioni risultano ora bilanciate, mentre nei 70 anni precedenti il riferimento alle donne aveva rappresentato solo il 3% del totale. A partire dal 2017 le politiche della memoria negli spazi pubblici assumono un ruolo di primo piano, testimoniato dall’istituzione, da parte della giunta di Giuseppe Sala, di un ufficio e di un comitato apposito: “Milano è Memoria”.
A prescindere dalle discontinuità dei diversi mandati, alcuni elementi delineano una tendenza nelle politiche della memoria milanesi coerente con la trasformazione generale della memoria in Occidente. Innanzitutto, a Milano come in Europa, la memoria della Shoah è centrale: il Memoriale della Shoah (2015), le Pietre di inciampo (2019) e il Giardino dei giusti (2016) ne sono la dimostrazione più evidente, così come l’importanza assunta dalle celebrazioni del 27 gennaio. In secondo luogo, rilevante è il ruolo dei gruppi di pressione che si sostituiscono, come principale motore delle politiche della memoria urbana, al ruolo di committente e proponente che fino agli anni Novanta era svolto dall’ente comunale. A questo proposito, è significativo che dal 2002 non si rilevino più monumenti pubblici commissionati dal Comune (monumento a Indro Montanelli) e che le delibere di intitolazioni riportino quasi sempre il soggetto proponente. Un terzo aspetto delle politiche della memoria è rappresentato dalla centralità delle vittime, che dagli anni Novanta tendono a sostituire il paradigma incentrato in precedenza sulla figura degli eroi e dei martiri.
I cambiamenti nelle istituzioni e nella funzione della politica nella società, ma anche le trasformazioni delle politiche della memoria degli ultimi 30 anni, rendono la relazione tra storia pubblica, spazi urbani e memoria un campo di tensione e un percorso di ricerca lungo il quale è possibile continuare l’esplorazione. Se targhe, monumenti e toponomastica sono un tassello di questa storia, e se Milano è un laboratorio di sperimentazione valido, come sembra, allora l’augurio è che questo studio abbia avuto una qualche, anche piccolissima, utilità.