La Venezia rinascimentale è forse uno degli stati italiani dell’epoca moderna che più affascina ed è studiato. Non solo per le peculiarità della città stessa, ma perché, a differenza della maggior parte dei piccoli stati che componevano la penisola nel XVI secolo, la Serenissima riuscì a mantenere una propria indipendenza, espandendosi sia via terra sia via mare, fiorendo commercialmente, culturalmente ed economicamente.
Gli studiosi si sono quindi chiesti come, a livello organizzativo e strutturale, uno stato così eterogeneo ed esteso fosse governato e tenuto insieme. E tuttavia relativamente poche sono state finora le monografie che si sono interessate a uno degli aspetti giudicati fondamentali per il controllo e la buona salute dello Stato lagunare: i servizi segreti.
La scarna produzione storiografica su tale tematica si arricchisce così del volume Ioanna Iordanou, PhD in Studi Rinascimentali presso l’Università di Warwick e attualmente ricercatrice presso la Oxford Brookes University.
Il saggio di Iordanou si inseriscein una nicchia storiografica pressoché inesplorata, quella dei servizi segreti della Venezia di età moderna, i cui principali studi in merito sono stati condotti da Paolo Preto, da Jonathan Walker e da Géraud Pumarède. I testi di Preto e Walker, come sottolineato nell’introduzione, prendono tuttavia in esame casi particolari di operazioni spionistiche e agenti segreti, senza una più ampia analisi generale della struttura dei servizi di spionaggio e del suo decisivo impatto sulla sicurezza interna ed esterna della Serenissima.
Tre sono gli obiettivi principali che il libro persegue: il primo è sostenere che i servizi d’informazione, i servizi segreti, esistessero già agli inizi dell’età moderna e fossero, nel caso di Venezia, a vantaggio di interessi economico-commerciali. Il secondo è dimostrare che la Venezia rinascimentale fu uno dei primi stati dell’era moderna ad aver creato una struttura spionistica centralizzata. Il terzo, infine, è esaminare lo sviluppo dello spionaggio attraverso una lente socioeconomica e non solamente politica. La scelta di Venezia come soggetto d’indagine è principalmente basata sulla grande disponibilità di documentazione cartacea, sull’espansione di tale stato quale vasto dominio marittimo e sulla sua posizione generale di difesa e neutralità, come parte della sua più vasta visione politica.
Nel primo capitolo l’autrice, dopo una generale digressione sull’espansione veneziana tra la metà del XV secolo e l’inizio del XVI secolo e le sue colonie marittime, esamina il panorama politico, socioculturale ed economico in cui i servizi segreti della Serenissima si svilupparono. Viene fornita principalmente una panoramica delle attività di spionaggio di alcuni dei maggiori stati europei all’inizio dell’era moderna, analizzando in maniera graduale la comparsa di servizi di informazione sistematizzati, dove quello veneziano emerge come un’organizzazione dotata di una solida amministrazione centrale. Iordanou prende in esame anche altri stati italiani in cui i servizi di informazione iniziarono a fiorire, come il Ducato di Milano, la Firenze di Cosimo I e la Roma papale.
Il secondo capitolo invece si apre con due esempi di comunicazione di informazioni segrete agli ottomani: si tratta di due esempi utilizzati dall’autrice per introdurre il concetto di “economia dei segreti” e l’analisi della cultura del segreto che il Consiglio dei Dieci, organo amministrativo dei servizi di informazione di Palazzo Ducale, diffuse in tutto lo stato. Una cultura che viene perpetuata tramite l’imposizione di regole formali sulla strumentalizzazione della segretezza. L’autrice nel capitolo dimostra come la segretezza, quale costante processo di occultamento consapevole, permise interazioni tra individui di diversa estrazione sociale che, in altro contesto, non sarebbero stati in grado (o autorizzati) ad interagire. La segretezza, spiega Iordanou, funzionava quindi come veicolo di scambio di conoscenze, formando un rapporto dinamico e duraturo tra governo e governanti.
È nel terzo capitolo che si analizza la struttura organizzativa dei servizi segreti veneziani, il modo in cui era guidata dal Consiglio dei Dieci e come era composta dai rappresentanti e relativi funzionari statali disseminati geograficamente, da uomini di marina ed esercito, da spie e informatori stipendiati occasionalmente etc. In questa sede viene principalmente presa in esame la struttura organizzativa dell’apparato dei servizi informativi statali ufficialmente incaricati, gran parte della burocrazia statale veneziana, compresa la Cancelleria Segreta, il deposito sia dei documenti “classificati”, sia della memoria storica della Repubblica. L’autrice si è concentrata principalmente sulla corrispondenza, compresa quella crittata, mostrando come l’organizzazione fosse determinata da regolamenti che legittimarono il potere di comando dei Dieci come capi dello spionaggio veneziano.
Peculiare nel saggio della Iordanou è sicuramente il quarto capitolo, dedicato interamente al reparto dei servizi d’informazione veneziani che si occupava della crittologia;un reparto aperto nel 1543 e dedicato alla creazione di cifre, alla decifrazione di messaggi crittati, all’addestramento del personale di cancelleria all’uso delle chiavi e del linguaggio e di violare e decrittare, ovviamente, le cifre nemiche. Grazie all’organizzazione centrale dei servizi d’informazione della Venezia del primo Cinquecento, la crittologia diventò una materia a sé stante, regolamentata dallo Stato e basata sull’ammaestrar, la padronanza di quella “difficile e importantissima scienza”.
A dimostrazione del fatto che Iordanou non solo vuole analizzare i servizi segreti veneziani dal punto di vista organizzativo e politico, ma anche sociale e culturale, nel quinto capitolo prende in esame gli attori che lavoravano o avevano anche solo un contatto con i servizi d’informazione della Serenissima. L’autrice esamina quindi i diversi tipi di personaggi impiegati dal Consiglio dei Dieci per le attività spionistiche, dimostrando che gli “agenti segreti” dello Stato lagunare erano cooptati da tutti i ceti della società. Ciò conferma la natura multiforme e flessibile dello spionaggio all’inizio dell’età moderna. La panoramica offerta nel capitolo spazia dagli agenti “ufficiali”, come ambasciatori, governatori e consoli, la cui attività primaria non era lo spionaggio, fino ad arrivare a mercanti, patrizi, commercianti, semplici sudditi; e ancora, ebrei illustri, spie mercenarie, semplici cittadini, popolani e detenuti.
Il volume si conclude con il sesto capitolo, in cui si esaminano le misure straordinarie messe in atto dalle autorità veneziane nel loro costante sforzo di garantire la sicurezza della Serenissima; azioni concepite a completamento delle operazioni spionistiche e delle attività di sorveglianza statale della Repubblica. Viene inoltre sottolineato come tali misure straordinarie, alcune più brutali, come la tortura e la guerra chimica (l’utilizzo di sostanze velenose nel cibo o che scatenassero reazioni allergiche potenzialmente mortali in spazi ristretti), altre meno come l’intercettazione di lettere, fossero di solito rese normali e comunemente accettate senza discussioni o dissensi.
Dall’analisi condotta lungo tutto il testo si evince un’impressionante dimostrazione di maturità organizzativa da parte della Repubblica, la quale fu capace di creare un apparato informativo complesso, efficiente e funzionante come una primordiale organizzazione di settore pubblico. Nel testo non solo si cercano di esaminare e capire i significati e le funzioni dei servizi segreti della Serenissima, ma anche di metterli in relazione con il mondo contemporaneo, prendendo in esame la continuità e la discontinuità tra passato e presente. Sono dunque offerti almeno tre spunti di riflessione oltre al confronto con il presente, quali l’esistenza dei servizi segreti come attività flessibile e sfaccettata molto prima di quanto vuole l’opinione diffusa, il loro basarsi su una forma protomoderna di “gestionalismo” e l’informazione proveniente dal basso come conseguenza del coinvolgimento di tutti gli strati della società. Ciò sottolineando non solo l’importanza dell’organo amministrativo per eccellenza, il Consiglio dei Dieci, ma anche indagando tali tematiche dal punto di vista della popolazione e delle pratiche gestionali, ricostruendo così uno spaccato nascosto, ma fondamentale svelato da fonti di prima mano oltre che da una bibliografia attenta ed accurata.
Ariel Giuliano