Il 14 settembre 2023 si è tenuta presso la sala Pio XII la lectio magistralis dal titolo “Il tempo e la storia” del Prof. Vittorio Criscuolo. Lectio inaugurale dell’anno accademico per gli studenti del corso di laurea triennale in Storia, in Comunicazione e per i Dottorandi.
La lectio, introdotta dal Prof. Gamberini, direttore del Dipartimenti di Studi Storici, è dedicata alla memoria del Prof. Gianfranco Bravi, professore di liceo appassionato di storia e benefattore del Dipartimento. L’incontro mira ad essere un’introduzione alla pratica storica, introducendo e sviluppando il rapporto tra “il tempo”, con tutti i suoi significati, e la percezione storica.
Il ragionamento e la scelta del tema del Prof. Criscuolo nascono, in particolare, da una riflessione: “Quali richieste, pensieri e aspettative ha uno studente che si approccia alla storia e agli studi umanistici oggi?”. Un quesito che non punta a cercare risposte sulle aspirazioni personali, ma riflette sul clima generale del nostro tempo e sulla sua influenza sulle giovani generazioni. Già Eric Hobsbawm alla fine del secolo scorso, notava i segni di una frattura generazionale: il tempo del passato si accorcia e ciò si traduce in una diffusa ignoranza nella società riguardo la storia. È da tempo ormai che si parla di “crisi della storia”, concetto evidenziato nel testo, tra gli altri, di Adriano Prosperi Un tempo senza storia. Un tempo senza storia forse a causa del troppo nozionismo, del pedagogismo e della moda dei romanzi storici presentati nelle pubblicità come vere e proprie opere di storia o, addirittura, a causa dell’ignoranza nell’uso delle fonti. Come diceva Delio Cantimori: “Il pane della scienza può essere spezzato e distribuito solo da chi sai impastarlo”.
Negli ultimi anni la percezione del tempo è mutata drasticamente. Per analizzare tale assunto bisogna avere come bussola una frase di Marc Bloch: “La storia è la scienza degli uomini nella società nel tempo”. In questa frase è racchiusa l’importanza del concetto di tempo nelle varie formulazioni che si sono succedute lungo tutto il corso della civiltà umana. Se si parte dal mondo antico e dalla sua eredità, troviamo nella civiltà greca almeno quattro parole e altrettanti significati differenti per indicare il tempo. In questa sede, afferma Criscuolo, due sono quelli fondamentali. La prima parola, aiòn, sta a indicare il tempo immutabile ed eterno, raffigurato come una divinità dalle grandi ali che esce dall’uovo cosmico e avviluppato da un serpente simboleggiante la ciclicità del tempo stesso. La seconda, chronos, indica il tempo del movimento e del mutamento, quindi numerabile.
Il tempo è quindi un enigma, ed è tale perché fa talmente parte di noi che non sentiamo nemmeno il bisogno di spiegarlo o, come diceva Sant’Agostino, “se nessuno lo domanda si sa cosa esso sia, ma quando lo si deve spiegare, appare impossibile farlo”. Nel corso della storia umana le posizioni filosofiche rispetto al tempo si sono polarizzate su due posizioni che hanno in comune l’obiettivo di legare tra loro lo spazio e il tempo. La prima posizione, eminentemente kantiana, considera lo spazio e il tempo come forme a priori, sono “occhiali che consentono all’uomo di osservare, analizzare e comprendere la realtà”. La seconda posizione è eminentemente newtoniana, dove lo spazio e il tempo sono qualcosa di esterno, qualcosa di assoluto che si muove ed esiste oggettivamente al di là della nostra percezione. È sulla seconda posizione che si è fondata tutta la scienza fino a inizio ‘900.
È con Einstein che si ha una svolta. La sua Teoria della relatività ristretta (1905) stravolge la concezione del tempo stesso, modificando quella newtoniana fino a quel momento utilizzata. Undici anni dopo il fisico tedesco pubblica la Teoria della relatività generale (1916), dove spazio e tempo diventano un’unica grandezza e acquisiscono materialità. Tuttavia, prima di Einstein, nella storia dell’uomo il tempo ha avuto a lungo una sacralità che andava al di là del semplice conteggio dei giorni (Ramadan, Pasqua etc.): è quindi naturale la tendenza dell’uomo a dividere il tempo e dargli una direzione, inserendolo all’interno di una concezione di progresso, estranea al mondo antico.
Questa età del progresso, come afferma il relatore, ha inizio con le parole di Erasmo: “Il mondo ritorna in sé come se uscisse da un lungo sonno” e tale progresso porta la civiltà verso una meta. Questa idea di progresso e linearità del tempo affonda le radici nella tradizione giudaico-cristiana, dove il tempo lineare ha un inizio con la Creazione e una fine con il Giudizio, arrivando alla Salvezza eterna. L’idea di progresso è ancora al centro della mentalità e delle speculazioni nell’800 e la sua visione è ben evidenziata dal filosofo tedesco Johann Gustav Droysen, che dice: “L’io vive solo nell’istante avendo dietro di sé il vuoto senza fine di ciò che è passato, dinanzi a sé il vuoto senza fine di ciò che verrà”. Questa visione, che unisce passato e futuro, appare compiuta verso la fine del secolo col crollo dell’Urss, in cui la post-modernità non lascia più spazio alle grandi narrazioni e alle concezioni generali del mondo e della storia, poiché si fa strada la possibilità di un’interpretazione razionale e complessiva della realtà.
L’individuo, oramai, tende a vivere in un presente assolutizzato e non riesamina il passato, determinando così l’assenza di un obiettivo collettivo che, in passato poteva essere l’obiettivo del Regno di Cristo o una Rivoluzione. Ad oggi l’uomo è solo sé stesso in un eterno presente e si aggrappa al singolo momento per perseguire un’effimera soddisfazione che subito sfuma. Con questa realtà è bene richiamare un’ultima parola greca, kairos, divinità che personifica il “momento opportuno”, a cui oggi però si può dare il significato di “attimo fuggente”, cui si aggrappa l’individuo odierno perseguendo i propri scopi individuali.
Di fronte a tale realtà, dice Criscuolo, è importante recuperare il senso più profondo del fare storia e richiamare, come si è fatto all’inizio, un’altra frase di Bloch: “L’incomprensione del presente nasce dall’ignoranza del passato”. Per capire il passato occorre vivere il presente e partire da lì; occorre, per essere storici, essere uomini del proprio tempo. In tal senso è sempre attuale la lezione di Croce: “La storia è pensiero critico, e solo in questo modo diventa un indispensabile impulso ad agire”. Agire, ovvero vivere consapevolmente il proprio tempo ed essere uomini e cittadini consapevoli.
L’augurio con cui Criscuolo ha chiuso la propria lectio è quello di iniziare un percorso accademico che ispiri una reale passione per la storia; solo in questo modo essa può diventare, come diceva Tucidide, “acquisto per sempre”.
Ariel Giuliano