Tesi di laurea magistrale in Scienze Storiche, a.a. 2023/2024, relatore Prof. Marco Soresina, correlatore Prof. Massimo Baioni
Il 27 aprile del 1848 il governo provvisorio della Seconda Repubblica francese emanò un decreto che abolì definitivamente la schiavitù nelle colonie. A Réunion, isola dell’Oceano Indiano occidentale francese fin dal ‘600 e ancora oggi dipartimento d’oltremare, tale decisione venne sancita da un decreto locale il 20 dicembre dello stesso anno.
In breve tempo si verificò un abbandono massiccio delle piantagioni di canna da zucchero dell’isola da parte degli schiavi affrancati, proprio in un momento in cui l’economia locale si stava avviando rapidamente verso una monocultura zuccheriera che l’avrebbe caratterizzata fino ai primi decenni del ‘900. Fenomeni analoghi, sebbene più cruenti, si verificarono anche nelle Antille francesi e nella Guyana. Il nuovo governo imperiale di Napoleone III, succeduto alla Seconda Repubblica, emanò pertanto due decreti nel 1852 per regolamentare l’immigrazione dei nuovi lavoratori che avrebbero dovuto sostituire gli schiavi: gli engagés.
Gli engagés provenivano da diversi luoghi: Africa continentale, Madagascar, Cina e, soprattutto, India. Costituivano di fatto una sorta di ibrido fra schiavi e “liberi” lavoratori salariati. Da una parte erano soggetti a una contrattualizzazione e percepivano, almeno sulla carta, un salario per il lavoro svolto. Dall’altra, però, la contrattualizzazione aveva un carattere forzato: non potevano rescindere i rapporti prima della loro scadenza, e tanto meno contrattare i salari. Per non parlare delle numerose forme di ammende e maltrattamenti dei datori di lavoro, o della frequentissima mancanza di assenso prestato alla sottoscrizione dei contratti.
La tesi indaga le condizioni, e le forme di resistenza esercitate di fronte a queste, della categoria di engagés più accostabile agli schiavi: gli africani provenienti dall’Africa orientale (specialmente dal Mozambico) e i malgasci. Più nello specifico, la domanda di ricerca si potrebbe riassumere come segue: è possibile ravvisare delle forme di resistenza al lavoro forzato a Réunion in una fase di transizione dall’organizzazione del lavoro schiavile a quella salariata, in assenza di una sindacalizzazione de iure e de facto, e in una categoria di lavoratori, come gli africani ed i malgasci, che furono interessati dalla tratta schiavile e continuarono di fatto ad esserlo nella seconda metà dell’800, e che erano descritti dal padronato e dall’amministrazione locali come docili e godevano di meno tutele rispetto agli indiani e ai cinesi?
Il lavoro si articola in due sezioni, ciascuna composta da due capitoli. La prima sezione è di natura teorica, e ha l’obiettivo di costruire le lenti interpretative con cui leggere la seconda, che è invece il frutto di un’attività di ricerca archivistica e raccoglie svariati esempi di forme resistenziali. Tutte le fonti d’archivio citate provengono dagli Archives Nationales d’Outre-mer (ANOM) di Aix-en-Provence, dove è stata condotta la ricerca dal marzo al giugno del 2024 grazie a una borsa di studio dell’Università Statale.
Il primo capitolo traccia in prima battuta una storia dell’engagisme (o indentured system) nelle sue linee generali, dalle prime sperimentazioni secentesche e settecentesche fino alla ricomparsa dopo le abolizioni inglese e francese. Segue una proposta di definizione che perviene al concetto di “salariato vincolato” dell’economista Yann Moulier-Boutang attraverso un percorso teorico, di segno marxista eterodosso, che cerca di comprendere delle forme di lavoro che si discostano dal modello del cosiddetto “libero salariato” nella storia del capitalismo. Chiudono il capitolo alcune riflessioni di metodo per un rinnovamento dell’approccio allo studio dell’argomento.
Il secondo capitolo delinea uno schema teorico non eurocentrico per l’inserimento della storia dell’Oceano Indiano in quella del capitalismo. Lo fa servendosi delle riflessioni del politologo John M. Hobson, incentrate sui due concetti chiave della distinzione fra capitalismo storico e capitalismo moderno e della co-costruzione occidentale e non occidentale di entrambi. Compare, infine, una ricostruzione della storia della Réunion delle piantagioni zuccheriere tra inizi ‘800 e fine della Prima guerra mondiale, riconfigurata alla luce delle tesi hobsoniane.
Nel terzo capitolo si ricostruiscono diverse storie di resistenza sui viaggi delle imbarcazioni deputate al reclutamento di manodopera africana e malgascia lungo tutto il secondo ‘800 e fino ai primi anni del ‘900. Nei documenti riportati, di natura prevalentemente giudiziaria, emerge chiaramente il carattere forzato e violento della migrazione tramite le voci dei lavoratori stessi. L’ultimo capitolo analizza infine le forme di resistenza nelle piantagioni. Il caso di studio privilegiato, anche se non esclusivo, è quello delle proprietà della dinastia dei de Kerveguen, famiglia che dominò la produzione zuccheriera dell’isola impiegando sempre un gran numero di engagés africani e malgasci. Le fonti utilizzate per fare una stima di tali forme resistenziali sono, anche in questo caso, soprattutto giudiziarie. Appare prima una rilevazione statistica compiuta su poco meno di 500 casi giudiziari ricavati da registri con verbali di processi e fascicoli contenenti resoconti dei Procuratori generali dell’isola tra il 1850 e il 1910. L’obiettivo perseguito è fare una stima dei reati di cui i lavoratori venivano accusati con più o meno frequenza. Ricostruito in questo modo un quadro generale, Il capitolo si chiude con un insieme di storie più apertamente resistenziali esercitate sia all’interno dell’impero zuccheriero dei de Kerveguen che al di fuori.
Alcune interpretazioni precedenti avevano ravvisato nell’atteggiamento degli engagés africani e malgasci sottomissione e rassegnazione. La tesi dimostra invece che, seppur non con modalità rivendicative di stampo prettamente sindacale, questa categoria di lavoratori resistette allo sfruttamento. Lo fece scatenando rivolte sulle navi, affermando verbalmente la propria contrarietà agli engagement e compiendo azioni di conservazione, come i furti, o di rottura, come le fughe dai luoghi di lavoro, arrivando persino ad organizzare delle proteste collettive.
Riccardo Soriano