Fonti documentarie medievali. Ricerche ed edizioni. Seminari milanesi di Notariorum itinera (a.a. 2022-2023)

Tra ottobre 2022 e aprile 2023 si è tenuto il ciclo di seminari Fonti documentarie medievali. Ricerche ed edizioni organizzato dal centro interdipartimentale Notariorum Itinera (https://notariorumitinera.eu) con la coordinazione di Marta Calleri e Marta Luigina Mangini dell’Università degli Studi di Milano ed inserito nel percorso di dottorato in Studi Storici dell’ateneo ambrosiano. Il programma si è articolato in sei incontri con cadenza mensile che sono stati l’occasione per i professionisti e le professioniste di diversi atenei e centri di ricerca italiani di illustrare il variegato orizzonte dei metodi per l’esegesi e l’edizione delle fonti documentarie medievali e di favorire il dialogo relativo a problematiche e future prospettive della disciplina.

Il ciclo di seminari è stato inaugurato il 25 ottobre 2022 con un intervento di Annafelicia Zuffrano (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) dal titolo «Il dossier testamentario di Teodorico Borgognoni: autobiografia di un uomo del Duecento». La lezione ha preso spunto dalla recente edizione curata dalla stessa Zuffrano e pubblicata dalla SISMEL-Edizioni del Galluzzo nella collana Micrologus Library, incentrata su un corpus di sette documenti predisposti da Teodorico Borgognoni, peculiare personaggio, vescovo di Bitonto e di Cervia, chirurgo e ippiatria, per trasmettere le sue ultime volontà. Due documenti sono stati oggetto di particolare attenzione: il primo è il testamento vero e proprio del 17 ottobre 1298 con le disposizioni del Borgognoni relative al suo cospicuo e variegato patrimonio, oggi ancora accessibile grazie alla sopravvivenza di una copia semplice coeva all’originale e di una copia autentica del 16 ottobre 1313; il secondo è invece un rotolo di 28 pergamene cucite insieme per un totale di 19 metri di lunghezza nelle quali sono riportate le deposizioni di 13 testes,interrogati tra il 10 e il 31 dicembre 1298 su 38 quesiti per la precisa volontà di Teodorico di sancire la legittimità del patrimonio al centro del suo lascito testamentario e tutelare le disposizioni da eventuali contestazioni (come in effetti avvenne). Quest’ultima fonte si rivela decisamente interessante tanto per la particolare scelta della forma volumen (in origine lungo 22 metri considerando anche tre carte oggi scorporate), quanto per gli elementi contenutistici che consentono di integrare il panorama patrimoniale presentato dal testamento e di ricavare dati preziosi sull’attività professionale di chirurgo e sulla rete di relazioni che tale attività gli aveva assicurato. La relazione ha suscitato numerose domande e dato avvio ad una interessante riflessione incentrata principalmente sulla particolarità della forma di alcuni documenti parte del dossier (il rotolo in primis, ma non solo) e sulla notevole capacità dimostrata da Teodorico nell’impiegare quel ventaglio di strumenti documentari e giuridici a sua disposizione che proprio nella Bologna del Duecento, sede di residenza prediletta dal vescovo-chirurgo, stavano conoscendo importanti evoluzioni.

Il secondo incontro, svoltosi il 29 novembre 2022, ha visto Giovanna Orlandi (Università degli Studi di Genova) presentare una relazione su «La giustizia del comune podestarile a Genova: meccanismi, funzionariato ed esiti documentari (secolo XIII)», un estratto da un più ampio percorso di ricerca di dottorato che attraverso il ricco panorama della documentazione notarile cittadina ha voluto aprire uno scorcio sul funzionamento dell’apparato giudiziario e sul sistema delle scritture comunali in gran parte andate perdute. La complessità delle esperienze professionali e delle ricadute documentarie di quei notai contraddistinti dalla commistione tra l’ambito strettamente privato e l’ambito pubblico offre infatti l’opportunità di indagare un mondo, quello delle scribanie, altrimenti difficilmente accessibile. In particolare, è stato esposto lo studio condotto su un frammento di registro di Baldovino de Loço, originario di Rapallo e membro del collegio notarile genovese, contenente le delibere e i pronunciamenti in materia civile emessi dalla curia podestarile tra marzo e giugno 1263 e rappresentante una fonte preziosa sulle pratiche redazionali e non solo. Gli elementi di difformità riscontrati all’interno degli atti mostrano appunto da un lato la coesistenza di procedure diverse, che solo in certi casi contemplano il ricorso al pareredei giureconsulti in quei processi tenuti da giudici podestarili; dall’altro la prassi di riportare con assoluta esattezza i conscilia espressi dagli esperti interpellati dalla quale deriva la grande varietà riscontrata a livello di formulario utilizzato. Ciò apre una finestra interessante sui meccanismi della giustizia comunale, sull’organizzazione degli uffici pubblici e non ultimo sulle capacità redazionali dei notai in servizio negli uffici comunali. È seguito uno spazio per domande e interventi del pubblico da cui è emersa una particolare curiosità sulle modalità di partecipazione dei giurisperiti all’amministrazione della giustizia genovese e sulle normative che la regolavano, oltre che sull’organizzazione del sistema giudiziario cittadino in generale.

Terzo relatore del ciclo di seminari è stato Simone Allegria (Università degli Studi di Chieti-Pescara) che il 24 gennaio 2023 ha presentato un intervento dal titolo «Alle origini del notariato abruzzese: il caso di Penne tra IX e XI secolo» volto a illustrare lo stato delle analisi finora condotte sulle prime testimonianze del notariato abruzzese, in particolare nell’area della diocesi di Penne. Dopo aver ripercorso le grandi “tappe” che secondo la storiografia esistente hanno caratterizzato l’evoluzione della professione notarile del territorio e aver sottolineato le difficoltà che si presentano nell’approcciarsi a questa documentazione – come le ingenti perdite archivistiche subite nel tempo e la natura frontaliera di questa regione con le conseguenti criticità nella definizione di stilemi grafici e formali – si è passati ad osservare i documenti originali al centro dello studio. Sono stati considerati due gruppi di documenti privati: da un lato alcune testimonianze del fondo diplomatico del monastero benedettino S. Liberatore alla Maiella, oggi conservate presso l’abbazia di Montecassino, di varia natura (contratti di livello, donazioni pro anima) e comprese in un arco cronologico esteso tra il 990 e il 1055; dall’altro tre documenti vescovili, oggi custoditi dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, datati tra gli ultimi decenni del secolo XI e i primi del secolo XII. In entrambi i casi si è prestata particolare attenzione alle specificità della scrittura e della struttura formale della documentazione considerata ed attraverso di esse si sono potuti evidenziare fenomeni quali il tentativo tra i secoli X e XI dei notai locali di porre enfasi su di sé in qualità di redattori e sull’importanza della loro categoria tramite espedienti grafici – quali, ad esempio, la peculiare resa del pronome ego in apertura alla rogatio – e formali – come per esempio le variazioni lessicali per operare una sorta di accostamento della rogatio alla completio. Soprattutto è emersa una tendenza a una sorta di “meridionalizzazione” che nella prima metà del secolo XI vede la documentazione abruzzese avviata ad assimilare sempre più i tratti dei modelli beneventani. È poi stato al contempo possibile sottolineare un altro elemento decisamente significativo quale la compresenza di diversi ambiti di influenza per la coesistenza di diverse autorità sul territorio da cui è derivata la propensione all’assimilazione di usi grafici e formali beneventani soprattutto nelle aree rurali – caratterizzate da una fitta rete di enti monastici dipendenti da Montecassino –, mentre ha comportato l’attestazione di pratiche di scrittura maggiormente ispirate a modelli dell’Italia centro-settentrionale e del regnum Italiae in generale nella documentazone di area urbana, dove maggiore era sentita l’influenza dell’episcopo e della sua scuola. L’intervento ha sollevato curiosità e domande dal pubblico che hanno permesso di mettere meglio a fuoco alcuni interessanti aspetti grafici e formali della documentazione abruzzese nei secoli centrali del Medioevo e di sottolineare ulteriormente la complessità di delineare un quadro unitario per la regione Abruzzo e, in generale, per il notariato delle diverse realtà italiane.

Per il quarto incontro del 21 febbraio 2023 è stata ospite Corinna Drago (Università degli Studi di Bari) che nella sua relazione «Edizione di carte d’ufficio: il dossier “de Pascarello”, 1470-1472» ha proposto una riflessione sulle forme seriali di documentazione bassomedievale attraverso l’analisi di tre originali pergamenacei del 1472 conservati nell’Archivio del Capitolo Metropolitano di Bari. Le pergamene in esame sono il risultato dell’iter di autenticazione di una scriptura testamenti che riporta le volontà dettate il 3 luglio 1470 da tale Ariella de Pescarello – ridotta in fin di vita dopo essere stata aggredita in quello stesso giorno dal figlio Francesco – e registrate da un canonico accorso al capezzale della donna assieme al confessore. La procedura di autenticazione era stata avviata su richiesta dell’altro figlio della donna, Nicola, ed è possibile ricostruirla oggi proprio grazie ai documenti citati, corrispondenti alla provisio del Sacro Consiglio delle Province di Puglia, alla copia autentica della sentenza e all’autenticazione del testamento: testimonianze di forme di documentazione in sequenza che vanno considerate tanto in blocco, in qualità di dossier unitario, quanto separatamente come singole unità documentarie con un preciso ordine procedurale e con delle specifiche caratteristiche formali. La presentazione si è soffermata in particolar modo sulle ultime due scritture, analizzandone i caratteri intrinseci ed estrinseci e mettendo ben in evidenza i vari documenti ivi riportati in extenso (l’editto generale di citazione in giudizio, la supplica del figlio, il verbale degli articoli accusatori, le deposizioni testimoniali), la cui disamina risulta importante per accedere non soltanto all’universo delle procedure giudiziarie e ai loro riflessi documentari nella Bari di età aragonese, ma anche al suo più ampio contesto sociale. In conclusione, vi sono stati vari interventi dal pubblico che hanno sottolineato ulteriormente la straordinarietà di questi documenti all’interno di un panorama documentario decimato anche dagli eventi del secondo conflitto mondiale e che hanno espresso curiosità riguardo a diversi aspetti procedurali e formali delle fonti considerate.

Giuliana Capriolo (Università degli Studi di Salerno) è stata la relatrice per il quinto seminario che si è tenuto il 21 marzo 2023. Nella sua relazione «Notai e università del Regno di Napoli: una campionatura» sono stati analizzati alcuni protocolli notarili contenenti, insieme alla documentazione privata, anche atti pubblici relativi alle universitates civium presenti nell’area del principato di Citra – territorio all’incirca corrispondente all’odierna provincia di Salerno. Dopo aver contestualizzato l’area dal punto di vista politico ed istituzionale, evidenziando l’esistenza di una personalità giuridica delle città per quanto incardinate nella sovra-struttura monarchica e segnalando il ruolo del notaio a collegamento appunto tra quest’ultima e le comunità locali, sono state prese in considerazione alcune casistiche specifiche. Si sono innanzitutto analizzati i protocolli di tre notai – Paziente Alfieri, Simonello Mangrella, e Pietro Paolo Troisi – tutti attivi nella seconda metà del secolo XV all’interno della località di Cava (oggi Cava dei Tirreni), presso il borgo Scacciaventi. In seconda battuta si è considerato un altro notaio – Giovanni Falcone – attivo tra la fine del secolo XV e i primi decenni del secolo XVI nella località di Scala. Esaminandone l’estrazione sociale, il ruolo nella loro rispettiva comunità dove sovente ricoprivano incarichi di rilievo quali rappresentati dell’universitas (o sindaci), le forme codicologiche e le tipologie documentarie degli atti pubblici rinvenuti dentro ai loro protocolli, si è potuto far emergere da un lato la concomitanza tra una sempre più articolata struttura documentale, che dalla semplice inclusione di atti in registri di imbreviature miscellanei giunge alla redazione di registri appositi, con l’acquisizione di una maggiore autonomia da parte delle stesse universitates (con particolare riferimento al caso di Cava); dall’altro si è osservata una certa circolazione delle pratiche redazionali e dei documenti stessi da ricondursi alla formazione di “dinastie” di professionisti della documentazione e allo stretto contatto a livello spaziale con cui i notai generalmente lavoravano. A seguito dell’intervento si è tenuto un dialogo tra la relatrice e le ospiti del seminario, Marta Calleri e Marta Mangini, incentrato in particolare sulla questione del restauro di questi materiali, sui rischi che una tale operazione comporta e sulla necessità che qualsiasi operazione diretta sui registri notarili venga condotta in concomitanza con un approfondito studio della documentazione, al fine di salvaguardarne al meglio la forma originaria.

Il ciclo di seminari si è infine concluso con l’intervento di Paolo Buffo (Università degli Studi di Bergamo) intitolato «Registri di mercanti e usurai bergamaschi nel basso medioevo, tra autonomia scrittoria e intervento notarile». Punto di partenza per le sue ricerche sono stati gli archivi di uomini d’affari bergamaschi dei secoli XIII-XVI conservati presso l’archivio della Misericordia Maggiore di Bergamo, fortunato complesso documentario per continuità e consistenza della documentazione conservata soprattutto se paragonata a quella di limitrofe aree. Già dai primi affondi effettuati – dai quali ha tra l’altro preso forma il libro Traffici e scritture mercantili tra Bergamo e il Garda scritto dal relatore a quattro mani con il medievista Fabrizio Pagnoni (Università degli Studi di Milano) ed edito da Universitaria udinese – i registri analizzati e mai prima d’ora oggetto di studio organico si dimostrano una fonte molto preziosa. Grazie a questo ampio e diversificato insieme di testimonianze è infatti stato possibile tracciare l’evoluzione delle scritture private di alcuni “uomini d’affari” bergamaschi e l’articolazione del loro rapporto con le prassi e gli strumenti del notariato locale. Un rapporto che da un contesto, a fine Duecento, di totale dipendenza dalla mediazione dei notai e dagli instrumenta da loro prodotti per la certificazione dei rapporti economici, passa nel secondo quarto del Trecento alla diffusione di sistemi documentari sempre più articolati e basati sulla forma documentaria del registro, che si accompagnò da un lato all’uso di particolari registri detti memorialia – tra i primi esempi quello dell’usuraio Bonomo da Bottanugo – intesi a tramandare la memoria delle operazioni commerciali, ma anche della storia personale e familiare dei loro redattori; dall’altro ai primi tentativi di prodotti autonomi da parte di tali figure che procedono apponendo manu propria l’attestazione di debiti e crediti contratti sui registri dei colleghi. Innovazioni solo parzialmente di successo considerando che, mentre si diffusero sempre di più i sistemi documentari su registro per la gestione della contabilità – pur senza una vera sistematicità od omogeneità di prassi redazionali –, l’autonomia delle scritture private subì una battuta d’arresto nel corso del secolo XIV tornando soltanto negli ultimi decenni ad acquisire un certo carattere di certificazione degli obblighi contratti e senza tuttavia andare mai a sostituire del tutto i documenti notarili. Scardinata ulteriormente l’obsoleta visione secondo cui il ceto mercantile italiano si sarebbe ben presto e pressocché uniformemente reso autonomo nella redazione dei suoi documenti – un quadro applicabile solamente all’area toscana e, anche qui, da circostanziare – si sono potute mettere in evidenza le peculiarità del caso bergamasco e i fattori che le hanno determinate, superando la dicotomica logica di progresso/arretratezza e riconducendo i caratteri della produzione documentaria locale alle specifiche dinamiche economiche e alle relative necessità che dovevano soddisfare. La riflessione è sfociata in un vivace dialogo con il pubblico che ha permesso in primo luogo di approfondire il ruolo della cultura notarile e la sua centralità fino al Quattrocento inoltrato nella formazione stessa di questi “uomini d’affari”, e in secondo luogo di riflettere sulle problematicità poste da questo genere di fonti nel momento dell’edizione: criticità specifiche che richiedono soluzioni ad hoc e ribadiscono sia la necessità della figura del diplomatista come figura fondamentale per gestire e valorizzare al meglio le molteplici forme estrinseche ed intrinseche del materiale documentario, sia il valore dell’edizione come strumento per evidenziare i diversi livelli interpretativi con cui si può affrontare una fonte.

Ludovica Invernizzi