Anche durante questo semestre invernale dell’a.a. 2024/25 si è svolto il ciclo di incontri “Palai, Seminari di Storia Antica”, giunto alla sua seconda edizione e coordinato dalle professoresse Laura Mecella, Silvia Bussi e Lucia Cecchet. Tutti gli incontri di questo ciclo rientrano nel progetto PRIN 2022: L’invidia sociale. Competizione, concorrenza, ambizioni (I secolo a.C.-III sec. d.C.).
Il ciclo di seminari ha avuto inizio con la lezione del professor Carlos Machado, docente di storia romana presso l’ateneo scozzese di St. Andrews, che ha svolto una lezione relativa al ruolo di invidia e competizione tra gli strati sociali meno abbienti nel mondo tardo antico. Il professore ha esplorato dunque il poco noto tema della competizione tra poveri e le dinamiche ad essa connesse nel contesto delle istituzioni cristiane di carità e assistenza sociale del mondo romano tardo-antico.
Il secondo incontro ha visto invece la lezione di Matteo Barbato, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Studi Storici del nostro ateneo. Barbato ha tenuto una lezione relativa alla competizione tra i membri delle élite locali greche nelle poleis d’età classica ed ellenistica. L’analisi proposta ha incluso una breve digressione al fine di fornire un quadro chiaro ed essenziale dei meccanismi della democrazia ateniese, un sistema politico che vede come protagonista il popolo (demos), composto da tutti i cittadini maschi adulti, protagonisti di una democrazia che, a differenza di quelle moderne, era di tipo diretto. Ad Atene in età classica, il Consiglio dei Cinquecento e l’Assemblea erano i principali organi deliberativi, mentre i tribunali non erano composti da professionisti, bensì da cittadini sorteggiati tra coloro che avessero almeno trent’ anni d’età, senza alcuna competenza specifica. A seguito della conquista macedone, le democrazie greche vivono un periodo di grande crescita e diffusione, dalle isole dell’Egeo fino al Ponto. Vari studi si sono concentrati sulla natura di queste forme politiche, studi che evidenziano due posizioni principali. La prima tende a considerare le democrazie d’età ellenistica come “democrazie fittizie”, che, trovandosi ad affrontare problemi di carattere economico, si appoggiavano alle donazioni dei cittadini più ricchi, ricambiandoli con titoli onorifici, privilegi, statue, o, spesso, cittadinanze locali nel caso in cui i benefattori fossero stranieri. Nei decreti onorifici per benefattori, dei quali il professore ha presentato alcuni esempi, possiamo infatti cogliere il rapporto diretto tra ricchezza, potere, onorificenze e competizione tra l’élites locali. L’altra linea interpretativa, sostenuta tra i primi dallo storico francese Philippe Gauthier, sottolinea invece come le grandi donazioni di privati cittadini oppure di monarchi ellenistici non cambiarono di fatto il funzionamento di base delle democrazie greche. Solo dalla meta del II secolo a.C., con la presenza romana, le élite riusciranno a prendere il posto dei re ellenistici e ad affermarsi come classe dirigente. Nonostante il potere delle classi dirigenti le istituzioni democratiche appaiono tuttavia ancora vitali e funzionanti, capaci di arginare il potere delle élite nel processo deliberativo. La seconda parte dell’intervento si è poi concentrata sul funzionamento dell’apparato giudiziario che ben evidenzierebbe, invece, i cambiamenti che, in età ellenistica, si registrano per quanto riguarda il ruolo centrale delle élites nell’amministrazione della giustizia.
Il tema della competizione e dell’invidia sociale nel mondo greco ha poi visto come protagonista, nel terzo incontro, il Professor Hartwin Brandt, già professore di storia antica presso l’ateneo di Bamberga, che ha tenuto una lezione incentrata sulla riflessione circa il concetto e il ruolo dell’invidia nel pensiero greco dall’età arcaica a quella tardo antica. Il professore ha sottolineato il fatto che dobbiamo alla Retorica di Aristotele la definizione classica dell’invidia. Il filosofo afferma infatti che il sentimento nasce nei confronti di chi appare simile al soggetto, il quale prova dolore a causa del presunto benessere altrui. L’invidioso, secondo Aristotele, non vuole acquisire in prima persona i beni o i vantaggi dell’invidiato, bensì solo peggiorarne la situazione.
Il professore si è concentrato dunque sulla componente sociopolitica dell’invidia e ne ha tracciato un quadro ricchissimo, partendo dalla Repubblica di Platone, nella quale l’invidia è associata alla figura del tiranno, fino ai padri della Chiesa, che si dimostrano per molti aspetti in linea con il pensiero greco classico, ad accezione della visione dell’invidia nel divino. Il Dio cristiano, a differenza delle divinità del pantheon classico, non è un dio invidioso, sebbene diversa sia la percezione nell’Antico Testamento.
Ha fatto seguito l’intervento della professoressa Francesca Nocchi, specialista di retorica, oratoria, poesia tardoantica e didattica della lingua latina presso l’ Università di Roma “Tor Vergata”, che ha proposto un percorso diacronico dell’evoluzione del concetto di invidia nelle testimonianze letterarie latine dall’età repubblicana a quella tardo-imperiale. Partendo da considerazioni di carattere etimologico, la professoressa ha sottolineato come il verbo latino “invidere”, significhi “guardare con insistenza la fortuna dell’altro” e dunque “gettare il malocchio”, definendo quindi il campo semantico dell’invidia come prossimo al campo della vista e dello sguardo ed evidenziandone le implicazioni e pratiche rituali nel campo della magia.
L’ultimo incontro del ciclo di seminari è stato tenuto dal professor Marco Enrico, che si è concentrato sul concetto di invidia e philotimia in Plutarco. Per Plutarco l’invidia è un’emozione esclusivamente umana e si esprime nella dimensione delle relazioni sociali. La philotimia è invece la ricerca dell’onore inteso come desiderio di riconoscimento da parte del singolo nei confronti della comunità. La relazione tra invidia e philotimia è importante all’interno del contesto politico dell’élite al potere. Secondo Plutarco, la mancanza di ambizione sarebbe una risorsa per l’uomo politico perché porta all’assenza di invidia.
Il ciclo di seminari è stato quindi occasione di riflessioni importanti sul significato e lo sviluppo del concetto di invidia nella riflessione politica, filosofica e letteraria del mondo antico, riflessioni che, in ultima analisi, ci aiutano a riflettere anche sul presente.
Lauretta Nunzio