Sono ormai passati 162 anni dall’Unità d’Italia, ma la necessità di conoscere la nostra storia nazionale è un bisogno impellente civile. Le difficoltà che ha avuto l’Italia nel compiere il proprio processo di unificazione sono origine di contrapposizioni interne al Paese, specie nel rapporto tra Nord e Sud. Il rischio di cadere in stereotipizzazioni riguardo alla formazione della coscienza nazionale rende tutt’oggi difficile lo sviluppo di un senso comune di appartenenza nazionale. Intento del volume è quello di offrire una rilettura critica della tradizione storiografica ottocentesca e novecentesca riguardante la storia d’Italia e riconsiderare il valore dell’unità nazionale superando anacronismi e stereotipi. Non è pertanto un caso che autore di questo volume sia Aurelio Musi, professore di Storia moderna presso l’Università degli studi di Salerno ed editorialista delle pagine napoletane di “la Repubblica”, nonché allievo dello storico meridionalista Giuseppe Galasso.
La riconsiderazione critica del pensiero storiografico riguardante la storia d’Italia è il punto di partenza di analisi del volume. Alcune ricostruzioni e interpretazioni storiografiche errate offrono miti, stereotipi e rappresentazioni della storia del Paese, perciò Musi riprende l’ampia letteratura storiografica italiana offrendo una storicizzazione dei contesti e dei motivi che li hanno prodotti. Con grande linearità ed esaustività viene riportata l’evoluzione del pensiero storiografico ottocentesco e novecentesco riguardo al processo e ai problemi inerenti all’unificazione nazionale: l’autore passa in rassegna diversi periodi storici, come il Medioevo, il Rinascimento, il dominio spagnolo nel Mezzogiorno, fino ad arrivare al 1861. E’ proprio lungo questi secoli che si snodano la nascita di miti e contromiti e di occasioni mancate dell’Unità. Lo studioso salernitano ha indubbiamente il merito di esporre in maniera chiara il proprio modus operandi,tipico dello storico di professione: viene data attenzione al contesto culturale, politico e sociale italiano nel quale si inseriscono gli autori, ma anche il perché delle loro scelte interpretative. Il lavoro di Musi non è quindi un semplice elenco di fatti e di pensieri, ma uno studio critico volto a offrire una maggiore conoscenza della storia della penisola.
La riflessione di Musi non si limita solamente alla storiografia italiana, ma offre uno sguardo più ampio e internazionale. L’analisi viene condotta indagando la quantità e la qualità degli articoli pubblicati dalle maggiori riviste storiche di Francia (Revue Historique e Annales), Stati Uniti (American Historical Review) e Regno Unito (English Historical Review e Past and Present). Con grande acutezza vengono identificati alcuni limiti che non hanno giovato a una migliore comprensione della storia italiana nelle storiografie straniere.
Musi nota come l’interesse alla nostra storia nazionale dipenda profondamente dai contesti culturali interni ai tre Paesi e cambi a seconda dell’epoca durante la quale vengono pubblicati gli articoli. Infatti la congiuntura politica, economica, culturale e lo “spirito del tempo” (p. 110) influenzano profondamente le scelte tematiche e gli orientamenti storiografici delle riviste. Ciò che colpisce maggiormente è il periodo storico che abbraccia la ricerca: essa parte da fine Ottocento in quanto quest’epoca vede sia la nascita di alcune riviste, sia l’inizio della professionalizzazione del mestiere di storico. Punto di arrivo è l’inizio del nuovo millennio in modo da evidenziare i mutamenti delle riviste stesse e i nuovi orientamenti delle discipline storiche.
Il volume si conclude con due capitoli che abbandonano l’analisi della letteratura storiografica italiana per concentrarsi sul ruolo che ebbe il Meridione nello sviluppo nazionale e sui problemi odierni dell’Unità. Non è certamente un caso che Musi abbia dedicato spazio alla storia del Sud Italia, argomento che ricorre incessante nella propria attività di storico, di professore e di autore. Musi si batte da tutta la vita per superare il pregiudizio storiografico che considera il Mezzogiorno freno dello sviluppo economico, politico e culturale del Paese. Troppo spesso si tende a sottovalutare il valore dell’Umanesimo e del Rinascimento meridionale, oppure a considerare il Mezzogiorno nell’Ottocento come antiunitario e filoborbonico. Malformazioni e stereotipi non sono solamente propri della storiografia, ma sono tipici della cultura italiana e dell’immaginario collettivo: tutt’oggi dicerie e leggende che non hanno fondamento di verità si impongono attraverso slogan di facile presa e alimentano il pregiudizio verso il Meridione. Ciò che cerca di combattere l’autore attraverso il proprio impegno da storico è l’ignoranza culturale di chi tende a minimizzare il ruolo del Mezzogiorno: è necessario abbattere silenzi e sussurri per far conoscere lo straordinario contributo del Sud alla storia d’Italia e d’Europa.
La riflessione finale è un monito per tutti i lettori: Musi si domanda se a 162 anni dall’Unità vi sia effettivamente una disunità e/o una malaunità. È triste constatare come ancora oggi vi siano lacerazioni e contrasti riguardo a tale argomento. Di certo non aiutano gli approcci revisionisti al Risorgimento di alcuni intellettuali e nemmeno la visione populista di alcuni partiti. Le lacerazioni nel quadro nazionale permangono a causa di manipolazioni e di pregiudizi che sembrano troppo forti da confutare, ma è proprio compito dello storico svolgere “una più attiva militanza nella ricostruzione scientifica di singoli avvenimenti e una maggiore divulgazione” (p. 180). Il volume di Musi è dunque rivolto a tutti gli storici per ricordare loro l’importanza del proprio lavoro affinché riescano a ricostruire un equilibrio tra tradizione e innovazione storiografica. Tuttavia il messaggio non è solamente storiografico, ma anche civile: il libro è rivolto a un largo pubblico poiché diffonde un messaggio di ricostruita unità nazionale che vada oltre stereotipi e pregiudizi.
Davide Gliottone