Credito, contabilità, organizzazione economica degli enti assistenziali, tra tardo medioevo ed età moderna, Milano, Università degli Studi, 24 ottobre 2024

Il 24 ottobre 2024 si è tenuto in Milano presso La Statale il seminario di studi dal titolo Credito, contabilità, organizzazione economica degli enti assistenziali, tra tardo medioevo ed età moderna, che rientra nell’ambito delle attività del PRIN 2022 “Redde rationem”. Ordine, calcolo e ragione nelle società urbane dell’Italia tardo medievale, di cui è responsabile nazionale Sergio Tognetti (Università degli Studi di Cagliari). Marina Gazzini, docente del Dipartimento di Studi Storici, è invece a capo dell’Unità di ricerca milanese, che vede la partecipazione anche di Nadia Covini, Miriam Franchella, Alessandra Bassani e Antonio Olivieri (quest’ultimo però dell’Università degli Studi di Torino). Obiettivo del seminario, organizzato da quest’ultimo studioso, è stato studiare l’organizzazione economica degli enti assistenziali adottando campi d’indagine che spaziano dall’ambito giuridico a quello sociale. Gli interventi presentati hanno imboccato tre principali direttrici di ricerca: il rapporto finanza-povertà tramite gli enti assistenziali, le prassi concrete sull’esercizio del credito e della contabilità e infine le riflessioni degli intellettuali e degli uomini di governo del tempo sugli enti in tutti i loro aspetti, non in ultimo quello giuridico.

Michele Pellegrini, dell’Università degli Studi di Siena e membro dell’unità di ricerca senese del PRIN, con l’intervento intitolato “Comprovato la detta ragione esser buona, leale e dricta”. Libri contabili e quaderni di ragioni nel sistema documentario trecentesco dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena,ha voluto indagare l’organizzazione e il controllo dei servizi ospedalieri a Siena. L’analisi si è basata su un quaderno di ragione del funzionario ospedaliero Viviano di Bene, relativo al periodo compreso tra il luglio 1366 e il luglio 1367. La fonte ha permesso di comprendere come l’ospedale fosse datore di rendite articolate in vitalizi, ovvero il deposito di beni di soggetti privati, e di perpetue, ovvero il medesimo procedimento per le comunità religiose. Il quaderno contabile si presenta diviso in due parti. La prima registra tutti i movimenti con i diversi soggetti che interagiscono con l’ospedale, la seconda organizza i dati della precedente con un sistema di rimandi e presenta evidenti segni di revisione. Il sistema amministrativo che emerge da questa analisi appare avanzato e soggetto a revisione scrupolosa.

Luciano Maffi, dell’Università degli Studi di Parma, con l’intervento Relazioni, fiducia e comunità: il microcredito diffuso a Vercelli nel Trecento, si è concentrato sulla pratica del microcredito a Vercelli in una prospettiva di lunga durata. Introducendo la propria relazione, Maffi ha potuto sottolineare come ci sia attualmente molta letteratura sul microcredito, soprattutto di produzione anglosassone, grazie alla quale viene dimostrato come la pratica fosse consolidata nella vita degli uomini del tempo. Era infatti situazione comune essere sia debitori sia creditori, principalmente nelle attività commerciali. Le fonti sono principalmente notarili e riguardano le pratiche creditizie, ragion per cui, puntualizza il relatore, è necessario che lo studioso adotti uno sguardo critico su ogni documento per non cadere in una macro-interpretazione dell’attività notarile. Secondo lo studio di Maffi, l’ospedale di Vercelli è stato un attore principale in questo campo, sia a livello urbano sia rurale. Lo dimostrano i casi riportati, ad esempio quelli del fornaio Enrico da Greggio e del prete Salerno Ferroto. Il primo negli anni 1316-1346 si legò all’ospedale ma anche a privati sia della città sia del contado vercellese, per l’acquisto e la vendita di farina, e per lo svolgimento di attività creditizia. Il secondo, tramite un esame delle carte testamentarie dello stesso risalenti al 1342, si palesa anch’esso nella stessa prospettiva del primo: la sua eredità consistette infatti sostanzialmente in un insieme di crediti. I casi esaminati dimostrano come il prestito fosse praticato da tutta la popolazione, in forme alle volte veramente creative.

Classificare per razionalizzare. L’assistenza del Consorzio di santa Maria della Cornetta di Mantova nella prima metà del Quattrocento è il titolo dell’intervento di Marina Gazzini. La relatrice ha ripercorso la storia dell’ente caritativo, di cui esistono numerosi fonti che spaziano dagli statuti ai libri contabili, alle matricole. Sebbene il documento più antico risalga alla seconda metà del Duecento, il primo evento significativo è datato 1407, quando un giovane Gian Francesco Gonzaga approvò gli statuti del consorzio. L’operazione si configurò come un cambiamento amministrativo finalizzato soprattutto a portare l’ente, di fondazione comunale, sotto l’egida signorile e poi principesca. La carica dei consiglieri, ad esempio, venne soggetta alla nomina del signore. Lo studio delle matricole consente di profilarne la provenienza sociale: figurano soprattutto membri della famiglia Gonzaga, mercanti e bottegai. A metà Quattrocento, in linea con un fenomeno generalizzato di razionalizzazione degli enti ospedalieri, il marchese Ludovico Gonzaga fondò un nuovo ospedale che all’inizio venne posto in continuità con il Consorzio, da cui prese il nome. In realtà, sebbene il nuovo ente avesse riscontrato un ampliamento delle proprie prerogative, la continuità fu solo apparente e concernente l’unione patrimoniale degli ospedali precedenti confluiti in quello appena creato. Diviso fra il potere gonzaghesco ed ecclesiastico, l’ente non rispecchiava più le gerarchie e l’amministrazione precedente e questo comportò, successivamente, anche un cambio del nome in San Leonardo. L’amministrazione del Consorzio permette di comprendere dunque come il potere politico nella realtà mantovana influenzasse profondamente le dinamiche interne agli enti assistenziali.

Marina Garbellotti (Università degli Studi di Verona), con la relazione Rendere conto a chi? I beni degli ospedali, una gestione contesa,ha approfondito se questi enti avessero un profilo giuridico ecclesiastico o laico, ne amministrasse il patrimonio e a quali usi esso si prestasse. In base ai dettami del Concilio di Trento, il vescovo aveva il compito di verificare la corretta funzione e uso degli ospedali, ma spesso questa ispezione si limitava alle visite pastorali che imponevano cambiamenti anche se raramente ne veniva controllata l’applicazione. Tuttavia, a seguito del processo di razionalizzazione già indagato da Marina Gazzini, l’amministrazione dei beni lasciati in eredità agli ospedali e formalmente di proprietà dei poveri, fu soggetta alla situazione politica. Questa situazione si protrasse anche nel Seicento e nel Settecento. Nel XVI secolo, ad esempio, gli ospedali iniziarono a fare credito con condizioni di prestito non vincolate e entrando quindi nel debito pubblico; nel secolo successivo, invece, come dimostra il caso veneziano, lo stato richiese all’ospedale denaro per motivi politici (come combattere il Turco) o finanziari (per colmare i buchi nel bilancio).  Con il passare del tempo si configurò così una “municipalizzazione delle risorse dei poveri” che ha creato a volte dei circoli viziosi, altre volte virtuosi nell’amministrazione di questi enti dimostrando come gli ospedali fossero uno dei centri del potere economico, politico e sociale.

L’intervento conclusivo di Silvia di Paolo, dell’Università degli Studi di Roma Tre, si è concentrato sugli ospedali dal punto di vista giuridico, usando la prospettiva fornita dal diritto canonico, che distingueva gli ospitalia dai beni ecclesiastici ad uso dei chierici, sebbene gli enti assistenziali fossero nella pratica gestiti come tali. In particolare, l’intervento si è concentrato sulle svolte giuridiche, come quella del Concilio di Vienne del 1311 che impose un’amministrazione dell’ente differente da quella del bene ecclesiastico e portò alla coniazione della figura dirigente del rettore. L’intervento trecentesco di papa Urbano V portò alla laicizzazione della figura del rettore e riprese la questione del beneficio che si protrasse fino al Seicento, quando si sostenne fermamente che la gestione dell’ospedale dovesse essere laica. Il mutamento dell’idea del beneficio, ha concluso di Paolo, andò di pari passo con il consolidamento dell’idea assistenziale e della conservazione dei beni.

Nel complesso, gli interventi del seminario hanno potuto dimostrare come la cultura della carità abbia dato nascita a degli enti filantropici di diversa natura che finirono per rivestire un ruolo sociale, politico e economico all’interno delle realtà urbane, profilandosi come un campo di studi essenziale per comprendere il tardo medioevo e l’età moderna.

Flavio Luigi Fortese