Frédéric Ieva, Illusioni di potenza. La diplomazia sabauda e la Francia nel cuore del Seicento (1630-1648), Carocci, Roma 2022

Frédéric Ieva è assegnista di ricerca in Storia moderna presso il Dipartimento di Lingue e Letterature straniere e Culture moderne dell’Università di Torino. I suoi studi si incentrano sulla storia politica e istituzionale del Seicento, con attenzione particolare al ducato di Savoia e al regno di Francia. Di conseguenza, l’opera uscita per Carocci nel 2022, non rappresenta un caso isolato nella produzione di Ieva[1]. Il testo non rappresenta nemmeno un unicum nel panorama storiografico, come dimostra la collocazione all’interno della serie di Carocci Studi sabaudi, curata da Blythe Alice Raviola e Franca Varallo, la quale ospita lavori e ricerche sugli spazi subalpini con maggiore riguardo alle relazioni fra il ducato di Savoia e il contesto europeo: un esempio vicino all’opera di Ieva è Tra Francia e Spagna. Reti diplomatiche, territori e culture nei domini sabaudi fra Tre e Settecento (A. Celi e M. Vester, 2018).

L’obiettivo di Ieva, qui, è quello di dimostrare, tramite lettere e dispacci mandati dagli ambasciatori alla reggente Cristina (e viceversa), ma anche tramite un dispositivo diplomatico parallelo – mai riconosciuto ufficialmente, creato dai principi Tommaso e Maurizio avversi alla reggente – il tentativo del ducato sabaudo di assurgere a una posizione di preminenza, specialmente in campo italiano. Non è un caso che, già dal titolo, l’autore parli di «illusioni di potenza», un’espressione che rende bene l’idea dei tentativi, tutti falliti, di ottenere, in particolare da Parigi e da Roma, un riconoscimento. In un saggio, intitolato Da Ducato a Regno: la concessione del titolo regio allo Stato sabaudo[2], Ieva già nel 2016 ricostruiva con rigore il lungo percorso che portò nel 1713, all’interno degli accordi di Utrecht, al riconoscimento del tanto agognato titolo regio. Partendo da Carlo Emanuele I, passando per la reggente Cristina, l’autore giungeva a descrivere il complesso lavoro diplomatico degli ambasciatori di Vittorio Amedeo II, i quali riuscirono finalmente a rendere realtà quelle illusioni.

In questa recente uscita, Ieva riprende il tema di queste «grandi promesse che non sfociavano mai in qualcosa di concreto per il ducato sabaudo»[3] e lo espande. Per farlo, suddivide l’opera in sei capitoli: i primi due sono atti a dare un inquadramento generale all’istituzione diplomatica, mentre gli altri permettono di cogliere più nel dettaglio le relazioni intercorse tra sabaudi e francesi, proponendo un focus sull’ambasceria francese e piemontese.

Nello specifico, l’analisi storica prende avvio dalla spiegazione di cosa fosse un ambasciatore e quale ruolo svolgesse, soffermandosi in particolare su quelli dello Stato piemontese – allora nominati dal duca e scelti in base alla loro fedeltà più che alla loro competenza, dato che il dominio sabaudo non era ancora così stabile. Una missione diplomatica poteva garantire in quel momento sia l’avvio di un’ascesa sociale all’interno dello Stato sia importanti premi di gratifica: l’esempio portato dall’autore è quello del marchese Ludovico San Martino d’Agliè, ambasciatore dal 1623 al 1637 a Roma, il quale fu insignito dal duca Vittorio Amedeo I del prestigioso collare dell’Annunziata e, nel 1638, la reggente Cristina lo nominò precettore del futuro Carlo Emanuele II e sovrintendente generale delle Finanze al di qua e al di là dei monti.

L’abilità di Ieva, tuttavia, è quella di riuscire a tenere insieme punti di vista differenti all’interno dell’opera, concentrandosi dunque anche sulla diplomazia francese e su quella parallela creata dai principi Tommaso e Maurizio. L’ambasciatore francese Michel Particelli d’Hémery, nominato rappresentante del re nello Stato piemontese nel 1635 da Richelieu, alla fine del 1637 fu testimone dell’avvio della reggenza di Cristina, segnalando il suo timore che la fazione filospagnola, cappeggiata da Pierre Monod, potesse prendere il sopravvento. Nel 1641, divenne ambasciatore straordinario Antoine Rostain d’Urre, signore d’Aiguebonne, con il compito di negoziare il trattato di accomodamento tra Cristina e i principi, atto finale della guerra civile piemontese.

È evidente, osservando le mosse e le parole dei due diplomatici francesi riportate nelle pagine di Ieva, il ruolo subalterno del ducato rispetto alla Francia.

A questo proposito, Ieva ritorna a parlare della diplomazia sabauda, soffermandosi in particolare sul difficile rapporto che intercorse tra la Francia e lo Stato piemontese tra il 1635 e la morte del duca e sull’analisi delle fasi della guerra civile piemontese durante la reggenza di Cristina. A ciò si ricollega nel capitolo successivo, ricordando la nascita, durante la guerra civile, di una diplomazia parallela e antagonista, creata dai principi Maurizio e Tommaso, che però non ebbe successo e non fu mai riconosciuta ufficialmente. L’elemento di una diplomazia doppia all’interno del ducato è chiaro sinonimo di debolezza.

Infine, Ieva si sofferma sulle trattative riguardanti la pace di Vestfalia, sottolineando ancora una volta la debolezza sabauda: la delegazione piemontese, infatti, non fu ammessa e dovette accontentarsi della mediazione francese, con la promessa che avrebbero difeso gli interessi del ducato. Chabod de Jacob de Saint-Maurice Claude Jérôme, che era già stato ambasciatore in Francia, cercò in ogni modo di impedire qualunque modifica al trattato di Cherasco, ma già nel 1647 diceva di essere scontento del pessimo trattamento ricevuto dagli alleati francesi.

A mio avviso, un parallelismo interessante con l’opera di Ieva si può costruire con Europa 1655. Memorie dalla corte di Francia[4] di Simona Negruzzo. Dalle sue pagine risalta chiaramente come anche la Repubblica di Venezia, in quegli anni rivale dello Stato sabaudo per via del titolo regio di Cipro, avesse riscontrato delle difficoltà nelle trattative diplomatiche con la Francia. Negruzzo analizza l’ambasceria di Michele Morosini (1648-52), sottolineando come tutti i tentativi di ingraziarsi Mazzarino fallirono: compito principale di Morosini era ottenere soldi e uomini per la guerra di Candia in corso, ma non ci riuscì. Inoltre, finita la sua missione parigina, fu inviato a Lubecca per mediare una questione tra la Polonia e la Svezia, ma come era successo ai piemontesi a Münster, anche in quest’occasione la Francia prese il sopravvento. Quello del ducato sabaudo non era dunque un caso isolato di «illusione di potenza», dal momento che anche altre realtà, come Venezia, riscontrarono lo stesso problema.

L’opera di Ieva, dunque, risulta rilevante al fine di comprendere i meccanismi diplomatici che intercorsero fra la Francia e il ducato sabaudo, in particolare nel periodo 1630-1648. Ieva adopera numerose fonti archivistiche per sostenere la sua tesi, anche se un uso maggiore di citazioni dirette avrebbe potuto meglio evidenziare il suo intento. La possibilità di leggere, in modo più copioso, le parole degli ambasciatori avrebbe messo maggiormente in risalto il loro ruolo nel progetto di potenza dello Stato piemontese, conferendo così ulteriore efficacia alla tesi. La scelta potrebbe essere stata dettata dalle richieste editoriali oppure, più semplicemente, dalla poca facilità di lettura che un’interruzione continua del discorso comporta. Comunque, ritengo che l’opera rimanga un importante contributo all’interno degli studi sabaudisti.

Davide Rinaldi


[1] Ricordare qualche titolo dell’autore può aiutare ad avere un’idea più precisa: Frédéric Ieva, Le Piémont entre la Régence et la Guerre civile. Deux conseillers de la cour de Christine: le père Pierre Monod et le comte Philippe d’Agliè, in De Paris à Turin. Christine de France duchesse de Savoie, a cura di G. Ferretti, Parigi 2014; Id., Ambassadeurs et politique étrangère au temps de Christine de France, in L’État, la cour et la ville. Le duché de Savoie au temps de Christine de France (1619-1663), a cura di G. Ferretti, Parigi 2017; Id., Libertà di dissenso. La lotta politica nella famiglia ducale prima della guerra civile (1630-1639), in Percorsi di libertà fra tardo Medioevo ed età contemporanea, a cura di P. Merlin, F. Panero, Cherasco 2017.

[2] F. Ieva, Da Ducato a Regno: la concessione del titolo regio allo Stato sabaudo, in I trattati di Utrecht. Una pace di dimensione europea, a cura di F. Ieva, Roma 2016.

[3] F. Ieva, Illusioni di potenza. La diplomazia sabauda e la Francia nel cuore del Seicento (1630-1648), Roma 2022, p. 149.

[4] S. Negruzzo, Europa 1655. Memorie dalla corte di Francia, Milano 2015.