Il Centre for visuaL histOry ha avviato lo scorso 28 novembre 2023 il ciclo dei Colloquia 2023-24 intitolato “Usi e riusi di materiale visivo in Europa dall’antichità ai giorni nostri”, pensato nell’ambito del progetto di eccellenza del Dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Milano “IMAGINeS: Immagini e Storia”. Sei incontri per riflettere su come le immagini siano state prodotte, utilizzate e messe in circolazione in diversi momenti storici e in diversi contesti comunicativi, attraversando spesso processi di risignificazione.
Ad inaugurare il ciclo è stato Claudio Fogu, professore di Italian Studies all’Università di California – Santa Barbara, con la conferenza intitolata Immagini e immaginari mediterranei nella storia d’Italia. Lo studioso è stato presentato da Irene Piazzoni, professoressa di Storia Contemporanea alla Statale, dove tiene i corsi di Storia del giornalismo e di Storia della cultura contemporanea.
La cultura visuale è il fil rouge degli interessi di ricerca di Claudio Fogu, che spaziano dal rapporto tra cultura di massa e politica culturale fascista alle pratiche memoriali, fino ai processi di nation building. La più recente monografia di Fogu The Fishing Net and the Spider Web. Mediterranean Imaginaries and the Making of Italians (Palgrave, 2020) ha fornito lo spunto per il primo incontro dei colloquia Clio. Fogu riflette sull’immaginario mediterraneo come serbatoio d’elezione di quelle pratiche che sono state messe in atto per “fare gli italiani”. Seguendo una prospettiva di lunga durata, egli si propone di tracciare la storia di una mediterraneità che ha contribuito alla costruzione e decostruzione dell’identità italiana, mettendola in relazione con la questione meridionale.
Nella prima parte della conferenza, per raccontare un Mediterraneo che non è né entità fisica né semplice parola, Fogu è partito da osservazioni di natura filologica che segnalano una differenza tra il mondo latino-cattolico e quello protestante. Nel primo caso, il termine immagine ha mantenuto il concetto di immanenza racchiuso nella radice latina imago, a discapito dell’accezione di “rappresentazione” che prevale in area anglosassone. Infatti, la sostantivazione di “immaginario” si è manifestata prima e innanzitutto nelle lingue romanze, e solo di riflesso nelle lingue inglese e tedesca.
Punto di riferimento per le riflessioni di Fogu sono, oltre agli studi di Luisa Passerini, le prospettive introdotte dall’iconologia e dalla metageografia tra la fine degli anni ‘80 e gli anni ’90 del secolo scorso. Dal “pictorial turn” teorizzato da W. J. T. Mitchell – autore di Iconology: Image, Text, Ideology (The University of Chicago Press, 1987) – e dall’approccio che ha ribaltato la prospettiva della semiotica nell’analisi del rapporto tra immagine e linguaggio, Fogu ha raccolto la nozione di metaimmagine: immagini che hanno capacità di riflettere su loro stesse, fornendo un secondo ordine di discorso. A suo parere, questa autoreferenzialità aiuta a definire il concetto di immaginario come mondo mentale composto di metaimmagini che ne rafforzano l’effetto di presenza. La capacità di veicolare tale immanenza è presente anche nella valenza metonimica del Mediterraneo: un’immagine mentale e metageografica, un punto di riferimento che va oltre lo spazio fisico e che ne fa, secondo la definizione di Veronica della Dora, un “ibrido tra immaginazione e materia”, tra realtà e linguaggio figurato.
Su questo piano poggia la ricerca di Fogu, che ha suggerito l’esistenza di due linee di sviluppo del senso di appartenenza alla dimensione del Mediterraneo. L’immaginario emporium tende alla deterritorializzazione e decentralizzazione di uno spazio, reale e immaginato, che si presenta libero da gerarchie. L’immaginario Imperium tende invece alla territorializzazione del Mediterraneo, al suo controllo e alla sua unificazione forzata. Due concezioni che Fogu, nel titolo della sua monografia, fa corrispondere rispettivamente alla fishing net (la rete da pesca) e alla spider web (la ragnatela). Entrambe intervengono nella costruzione dell’italianità non secondo una logica di esclusione, ma in un continuo oscillare, in diversi momenti storici.
Nella seconda parte della conferenza, Fogu ha tratteggiato l’alternarsi di questi due poli di produzione immaginaria del Mediterraneo servendosi di immagini geografiche e linguistiche.
Il tentativo di dominio sul Mediterraneo che ha determinato l’immaginario Imperium emerge dalle mappe topologiche di epoca latina come la Tabula Peutingeriana. Un periplo (di cui sopravvive una copia risalente al IV secolo d.C.) in cui i bacini d’acqua sacrificati e schiacciati dalla raffigurazione della terraferma sono segnale della subordinazione del Mare Nostrum alla volontà di controllare i movimenti al suo interno. Questa resa simbolica dello spazio si rafforza nelle mappae mundi di epoca medievale. Nella Psalter map del 1265, ad esempio, permane il proposito di organizzazione e unificazione dello spazio già evidente nei peripli romani, con la differenza che se prima essa avveniva in funzione della metafora dell’impero, qui si realizza alla luce della simbologia cristiana. Nel XVI secolo questa visione del Mediterraneo si sarebbe affermata anche dal punto di vista semantico con la sostantivazione dell’aggettivo mediterraneus, che con Filippo II avrebbe sostituito i nomi locali dei mari in virtù di un’unificazione e di una cristianizzazione forzata.
Dall’altra parte, il Mediterraneo dell’emporium affiora nelle rotte disegnate sui portolani del XV e XVI secolo. In queste mappe si ritrova la condizione di interconnessione innescata delle reti commerciali che dall’VIII secolo a.C. si sono intrecciate tra isole e terraferma, a partire dalle prime colonie nell’arcipelago flegreo. Queste mappe segnalano, attraverso descrizioni spaziali precise basate su porti e approdi (e avulse dai confini degli stati emergenti), una dimensione alternativa che sin dall’antichità convive con i tentativi e le ambizioni di dominio e radicamento nel Mediterraneo. Evidenziano inoltre una connettività che ha avuto conseguenze sull’immaginario mediterraneo, comportando l’ibridazione di diverse pratiche, culture e matrici identitarie.
Il Mediterraneo si configura nell’analisi di Fogu come un continente liquido, concreto come la terraferma (ma privo di confini), contraddistinto da una comunanza di mentalità e culture che si manifestano da una parte in un senso di appartenenza legato ad abitudini di scambio consolidate e dall’altra in tentativi di organizzazione dello spazio dal punto di vista politico, amministrativo e militare.
Nella conclusione dell’intervento, Fogu ha rilevato come l’Italia non possa che essere al centro di questo pendolo tra gli immaginari mediterranei di Imperium ed emporium – anche nella storia più recente del nostro paese. Come esempio, Fogu ha segnalato il prevalere della dimensione di Imperium in un’Italia nata non come stato-nazione, ma come stato-Impero, formatosi col Risorgimento attraverso la territorializzazione del Regno delle Due Sicilie, per poi culminare nel colonialismo di epoca fascista. Nel dopoguerra, questo pendolo torna a tendere verso l’immaginario emporium nel dopoguerra, ad esempio nella visione di Mediterraneo dell’ENI di Enrico Mattei.
Laura Puglisi