Immergendosi nell’esperienza del volontariato in armi è possibile ripercorrere il decorso storico che si articola dal movimento garibaldino nel risorgimento italiano fino al movimento anarchico internazionalista nella guerra civile spagnola. Tra l’alternarsi del panorama nazionale e internazionale, emerge in particolar modo la dimensione nazionale italiana, ove è sempre stata viva la tradizione del movimento libertario nel ricorrere volontariamente alle armi. L’opera curata da Enrico Acciai, ricercatore di Storia Contemporanea dell’Università di Roma “Tor Vergata”, raccoglie un insieme di saggi che ripercorrono le riflessioni del convegno internazionale “Anarchismo e volontariato in armi” svolto presso la biblioteca Panizzi a Reggio Emilia il 9 Novembre del 2019. Sfogliando le pagine, attraverso le biografie delle tre generazioni di combattenti italiani, si cerca di allentare il “nodo storiografico” attraverso cui sono sempre stati associati gli ideali anarchici ai fenomeni di terrorismo e violenza sociale. Ciò è possibile grazie alla profonda riflessione delle figure parte delle diverse esperienze belliche che segnarono la storia contemporanea. L’insieme della raccolta può essere suddivisa in tre parti, in cui ciascuna fa riferimento ad una delle tre generazioni di combattenti. Nel complesso, come sottolineato dall’autore, la raccolta non contribuisce a consegnare le vicende narrate alla storia, ma soprattutto a creare un collegamento tra il decorso delle esperienze passate con quelle più recenti degli ultimi decenni.
La prima parte si apre con il contributo di Acciai (La prima generazione di internazionalisti italiani: tra garibaldinismo e rivoluzione), che mostra gli albori della reciproca influenza tra pensiero anarchico e ideali garibaldini nell’esperienza del volontariato in armi della prima generazione di combattenti. Centrali e concomitanti sono le figure di Garibaldi e del russo Bakunin che, giunto in Italia dalla lontana Siberia, contribuisce nel dare una svolta al movimento delle camicie rosse, spostando l’asse ideologico risorgimentale della rivoluzione nazionale a quello dell’idea di azione finalizzata alla rivoluzione sociale. Emerge come i garibaldini, smobilitati dall’esperienza risorgimentale, inizino ad aderire ai movimenti operai e sindacali nati dalla prima internazionale del 1864, e come questo processo si accentui in seguito all’esperienza della Comune parigina (1871), dove avviene un “cambio cromatico” attraverso cui molti garibaldini si avvicinarono maggiormente al movimento operaio e socialista accrescendo la dimensione internazionalista e anarchica. Da questi presupposti comincerà ad emergere la seconda generazione che, pur tentando di slegarsi dalla corrente delle camicie rosse, rimarrà fortemente legata agli ideali garibaldini. Seguono i saggi di Elena Papadia (Le “sacre primavere dell’umanità”: i garibaldini nei Balcani tra 1975 e 1877) e Giacomo Bellini (Itinerari garibaldini alla guerra greco-turca del 1897: anarchici, socialisti e avventurieri), ove l’indagine si sposta ad oriente ripercorrendo l’esperienza balcanica che prima vede la rivolta patriottica degli Stati della penisola contro l’impero Ottomano tra il 1875 e 1877, e successivamente il conflitto tra Grecia e Turchia del 1897. Le camicie rosse continuano a cavalcare ideali di libertà e indipendenza, con una spiccata nota di antimperialismo, che da qui caratterizzerà le prospettive del movimento libertario. La prima realtà mostra il forte legame tra patriottismo garibaldino e internazionalismo anarchico, su cui i combattenti si ritrovano e riescono a vivere in un ambiente agevole rispetto a quello della normale vita civile. Tuttavia, come dimostra l’esperienza della guerra greco-turca, la forte politicizzazione dei combattenti va creando una frattura tra ideali libertari e politici; inoltre, si nota come si arrivi a vivere una difficile convivenza, poiché non erano mossi solo dagli ideali, ma anche da motivi socioeconomici.
La parte intermedia prospetta la seconda generazione verso nuove esperienze come la rivoluzione messicana, il primo conflitto mondiale e la successiva ascesa dei regimi totalitari, che nel complesso costituiranno le cause che renderanno fragili le stesse fondamenta del movimento libertario anarchico. Peculiare è la parentesi iniziale, offerta da Antonio Senta (Gli anarchici italiani nella rivoluzione messicana. La lettura di “Cronaca Sovversiva” di Luigi Galleani), sulla figura di Luigi Galleani, redattore della rivista americana “Cronaca sovversiva”. Emerge un ideale anarchico totalmente differente dalla prima generazione di volontari in armi, che erano sostenitori della lotta per bande. Infatti, Galleani sostiene che le rivolte debbano essere generalizzate il più possibile, in modo da coinvolgere le masse popolari, e non solamente combattenti attraverso guide e avanguardie militari. Anche nell’esperienza messicana risulta evidente come le divergenze politiche contribuiscano a creare fratture nel tentativo di combattere contro lo stesso nemico. Successivamente si volge nuovamente lo sguardo al continente europeo. Attraverso il contributo di Matteo Stefanori (Memorie di camice rosse al fronte: volontari anarchici nella legione garibaldina del 1914 in Francia) si tratta l’intervento dei garibaldini nel primo conflitto mondiale per mano del Ricciotti, figlio di Garibaldi. Seppur sempre mossi da ideali di rivoluzione nazionale e di antimperialismo, i combattenti volontari si ritrovano davanti a un conflitto che fa vacillare le loro idee, e porta molti a domandarsi quale utilità possa avere il loro contributo. Rimane il fatto che anarchici e garibaldini sono accomunati dall’ideale di ricorrere alle armi in aiuto dei popoli oppressi. L’esperienza degli arditi del popolo al sorgere del regime fascista. Nell’esperienza post bellica, attraverso il saggio di Luigi Balsamini (Gli Arditi del popolo: dalla guerra per la patria alla difesa del proletariato 1917-1922), si ripresenta un problema caro ai garibaldini, ossia cosa fare e come rimettersi nella società in seguito all’esperienza in armi. Caratteristica è l’esperienza degli arditi del popolo che infiammano il panorama politico nazionale del biennio rosso, mossi dall’ideale di contrastare il dilagare dello squadrismo. Complessivamente, il movimento ricevette una vasta adesione e al suo interno non vi fu collisione tra ideali nazionalisti e internazionalisti, ma si ritrovò ancora per una volta ostacolato dalle barriere ideologiche, poiché il partito socialista e comunista si tirarono indietro dal sostenere la nuova realtà, che costituiva un freno all’avanzare del fascismo. Gli anarchici furono i soli a sostenere le fila attivamente, ma gli arditi finirono per essere vittime di un consistente clima di repressione politica e sociale, che portò al loro scioglimento nel giro di poco tempo.
Nell’ultima parte del testo, al fianco del lento declino del movimento libertario, emerge il confluire dei combattenti nell’esperienza transnazionale della guerra civile spagnola. Fondamentale è la riflessione iniziale, offerta da Giovanni C. Cattini (Esperienze transnazionali d’antifascismo: gli anarchici italiani tra Legioni garibaldine e i nazionalisti catalani), sulla relazione tra concetto di nazione e movimento internazionalista anarchico, ove abbiamo contrapposte una prassi politica che divide il mondo in Stati-Nazione e un ideale che si fonda sulla fratellanza dei popoli umani. L’idea di nazione emerge culturalmente in seno ai movimenti rivoluzionari, ma la storiografia erroneamente si è cristallizzata sulla storia di partiti e correnti della politica, tralasciando l’attenzione rispetto ai movimenti sociali che hanno permeato le rivoluzioni. Contrapponendo termini come nazionalismo e internazionalismo, la storiografia ha permesso di rendere estranei i movimenti libertari dalla costruzione della cultura nazionale. Mentre il movimento socialista della seconda internazionale si appropriava del concetto di nazione per un fine di legittimità politiche, quello anarchico libertario rimane fedele alla propria coscienza cosmopolita e internazionalista con cui professa l’amore per l’umanità. Con l’affermarsi dei regimi totalitari come quello italiano e spagnolo, le ultime biografie proposte dei volontari in armi dimostrano come l’isolamento politico e ideologico contribuisca a portare molti sulla strada dell’esilio, così da vivere un’esperienza di carattere transnazionale, prima in Francia con un tentativo di rovesciamento del neonato regime fascista, e successivamente in Spagna tra l’insurrezione contro il regime di Rivera e la guerra civile. Valori e sentimenti finiscono per affievolirsi definitivamente a causa del giogo messo in atto dai regimi totalitari, e l’ultima generazione vedrà nella Spagna l’ultima speranza ove poter tenere vivi gli ideali libertari che hanno segnato un intero secolo.
Michele Moltrasio