Il volume nasce dal seminario tenutosi a Torino nel febbraio 2019 nel quadro del progetto “La signoria rurale nel XIV-XV secolo: per ripensare l’Italia tardomedievale”, coordinato da Sandro Carocci, con la partecipazione delle unità di ricerca delle Università di Torino, Napoli, Pisa e Roma Tor Vergata. I curatori, Alessio Fiore e Luigi Provero, prendendo spunto dal seminario e in accordo con i relatori, hanno creato un questionario in cui sono stati suggeriti una serie di temi e piste di ricerca; a queste sollecitazioni hanno risposto diversi professori e ricercatori, traducendo tali spunti in una serie di contributi e studi, diversi per metodo, basi documentarie e per l’inerenza ad ambiti locali e provinciali differenti, ma accomunati dal filo rosso dell’indagine dell’azione politica in ambito signorile. In particolare, nei diversi contributi questa verrà studiata in un senso ampio, in modo da comprendere in essa sia i diversi tipi di dominazione signorile ma anche la politica di attori diversi dai signori, quali comunità locali, enti ecclesiastici, comunità valligiane, enti ospedalieri e famiglie. Dunque, i diversi autori nei loro contributi puntano a complicare un quadro già complesso approfondendolo attraverso l’attenzione ad aspetti che fino ad oggi non sono stati al centro di studi e ricerche riguardanti l’epoca medievale.
Ogni contributo viene preceduto da una piccola sintesi in lingua italiana e inglese sugli argomenti che si andranno ad indagare, segue una lista di temi principali, anch’essa sia in italiano che in inglese, e delle abbreviazioni usate nelle note, dopodiché segue il testo, che, però, si trova solo in lingua italiana. Al suo termine possono essere presenti schemi genealogici, tabelle, mappe topografiche e tematiche, ma anche pagine di pergamene notarili, come quella contenente i conti del fabbro di Larizzate nel contributo di Antonio Oliveri, corredate dall’indicazione della fonte primaria dalla quale sono tratte le informazioni. Chiude il contributo le referenze dell’autore e una sezione di “Opere citate”. Si nota come molte delle opere qui presenti sono monografie riguardanti aspetti o dinamiche locali, regesti, articoli o anche contributi provenienti dalla stessa collana curata da “Reti Medievali”. Le fonti primarie, fermo restando la personale modalità di annotazione di ciascuno degli autori, sono invece solitamente poste tra le note dei contributi senza essere poi ricopiate nella sezione di opere citate: esse provengono perlopiù da archivi pubblici, anche se talvolta ne compaiono alcune provenienti anche da archivi privati, esse possono consistere solitamente in carte e carteggi notarili, statuti, arbitrati, documenti amministrativi e di ambito economico.
Per quanto riguarda i contributi degli autori, ciascuno si concentra su ambiti, soprattutto, locali privilegiando una visione più di “lungo periodo”, evitando la trattazione di vicende di breve durata o cronologicamente contenute. In particolare, l’impostazione più diffusa è quella relativa alla trattazione di circa due secoli, solo tre contributi si concentrano su fatti e avvenimenti di un solo secolo, mentre addirittura due contributi, quelli di Federico Del Tredici sull’estensione del lessico dell’amicizia e di Luigi Tufano sulla contea orsiniana di Nola, “sforano” arrivando a trattare di avvenimenti o tematiche che si svolgono nell’arco di tre secoli. Ognuno degli autori proviene da ambienti accademici, in particolare sette sono professori universitari e tre sono assegnisti o ricercatori. Si può facilmente notare come ciascuno di essi tratti di contesti provinciali situati nella regione accademica di provenienza, così Alessio Fiore e Luigi Provero, che insegnano a Torino, trattano della Val Maira e di signorie piemontesi, così Massimo Della Misericordia e Nadia Covini, che insegnano a Milano, trattano delle alpi lombarde e del caso della signoria dei Beccaria in Arena Po, così Francesco Senatore e Luigi Tufano, che lavorano a Napoli, trattano di signorie personali nel Mezzogiorno e del caso degli Orsini di Nola in Campania. Ognuno dei contributi si caratterizza per uno stile chiaro, anche se talvolta, per ovvie ragioni, non troppo scorrevole nelle parti più dense di contenuto, che riflette bene l’accurata indagine degli argomenti scelti, la cui spiegazione finale lascia però sempre spazio a ricerche e indagini successive, ispirando nuove domande a interrogativi senza ancora una risposta.
Per quanto riguarda la disposizione dei diversi testi, pare che il libro metta volutamente in ordine geografico i contributi, iniziando dal Piemonte, per poi passare dalla Lombardia, e finire in Campania. Tuttavia, non si può fare a meno di notare come vengano trattati casi appartenenti solo a quattro regioni, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Campania, con un’assoluta preminenza della regione piemontese, a cui sono dedicati quattro contributi su dieci, seguita dalle regioni campana e lombarda, due su dieci, e, infine, da quella valdostana, uno su dieci, con un solo contributo di carattere generale, anche se riferito all’Italia centro-settentrionale. Il libro finisce, così, per caratterizzarsi geograficamente in maniera quasi esclusivamente settentrionale; ciononostante si deve ammettere che tale opera non ha alcuna pretesa di totale esaustività sulla penisola italiana, dato che essa fa parte di una raccolta di sei volumi curata da “Reti Medievali”, dei quali uno è dedicato esclusivamente al Mezzogiorno e uno al territorio Trentino.
Un altro aspetto problematico è l’utilizzo, in parte dei contributi, del concetto di “Stato” per riferirsi alla compagine politica medievale; o meglio, la problematica riguarda il fatto che tale termine non venga adeguatamente giustificato. Alcuni studiosi hanno sostenuto in passato che il concetto di Stato non possa essere utilizzato per la realtà medievale, altri il contrario; il giurista austriaco Jellinek nel XIX secolo dava una definizione di stato secondo tre elementi fondamentali: vi deve essere un titolare del potere sovrano che lo esercita per il benessere generale, vi deve essere un territorio e, infine, un popolo su cui si esercita la sovranità. Quello del medioevo è, sì, uno stato, pur composto di corpi plurimi, eterogenei, territori ecclesiastici, corpi, corpuscoli e ceti, ma a patto di abbandonare un’idea di stato moderno e di spogliarci delle categorie contemporanee, le quali portano con sé il rischio di trasmettere sensi e significati non appropriati, portando il medioevo ad acquisire caratteristiche moderne che non gli appartengono. Tuttavia, probabilmente, l’intento degli autori era di rivolgersi ad un pubblico di esperti e studenti, i quali già dovrebbero avere il discernimento necessario per distinguere i due diversi significati del concetto di “stato” nei due contesti storici, rendendo così inutile tali premesse.
Nel complesso, quindi, l’opera rappresenta un contributo a più voci sulle diverse sfaccettature e caratteristiche delle signorie italiane nelle diverse parti della nostra penisola, un libro che aspira ad essere in primo luogo un approfondimento del fenomeno signorile già ampiamente studiato in precedenza, ma che vuole anche dare i natali ad un nuovo punto di vista, che possiamo definire integrativo, in questa branca di studi, ossia approfondendo una realtà, quella degli attori non signorili, ancora largamente ignota. Al contempo, un volume che non cerca di porre il suo focus esclusivamente nelle risposte che esso fornisce, ma piuttosto nelle nuove domande che esso porta a formulare. Infatti, così come tale libro è nato dagli spunti e dall’ispirazione fornita dal seminario torinese di Sandro Carocci, allo stesso modo, l’esempio portato dai contributi può, a sua volta, ispirare ricercatori e ricercatrici a dare inizio ad una medesima ricerca per le altre regioni e contesti provinciali italiani. D’altra parte, così come nel contesto storiografico l’analisi prettamente politica è stata superata dalla prospettiva, incarnata appieno da quest’opera, che va ad individuare e analizzare aspetti e relazioni del potere finora ignorati o poco studiati dai medievisti precedenti, così questa nuova prospettiva può ispirare i futuri ricercatori ad andare oltre, a colmare gli spazi non ancora esplorati dalla storiografia, ad analizzare ciò che questa e le altre indagini hanno lasciato senza risposta, magari da un punto di vista economico, religioso, sociale o, perfino, ambientale; in un continuo susseguirsi di nuovi e proficui quadri e punti di vista che ci permettono e ci permetteranno di avvicinarci sempre di più alla comprensione del passato delle nostre terre.
Giacomo Genziani