Il volume si propone di prendere in esame interessanti lavori di analisi riguardo ai falsi storici epigrafici in lingua latina e riguardo a fatti storici, più o meno noti, dell’antica Roma. Il suddetto lavoro di ricerca è collegato ad un più ampio progetto sulle false testimonianze del mondo antico. La curatela presenta tredici saggi (di cui uno in lingua spagnola) di autori di diverse università italiane, i quali si occupano del problema del concetto di falsum e del problema delle falsificazioni in età romana. Lo studio è curato dalla professoressa Simonetta Segenni (docente di storia romana, Università degli Studi di Milano), la quale introduce, brevemente ma efficacemente, il lavoro svolto dai propri colleghi e spiega gli obiettivi della ricerca storica intrapresa. I metodi applicati si riferiscono ai contesti storici ed alle epoche trattate, altresì riguardano oggetti o siti archeologici specifici. Le fonti sono piuttosto variegate: CIL (Corpus Inscriptionum Latinarum), opere di autori antichi e critica contemporanea. Ci si pone, in più riprese in tutto il volume, infatti, se si tratti di falsificazioni antiquarie o intellettuali (Marcella Chelotti): i contributi ed i loro contenuti affrontano, complessivamente, ciò che il tema del falso può significare nel mondo antico e nel mondo moderno. Attraverso un viaggio temporale che spazia in ogni epoca storica, si analizzano storie interessanti e scoperte di falsi romani antichi. I falsi esaminati, non sono soltanto posteriori all’epoca di realizzazione o di riferimento, ma vengono trattati anche falsi contemporanei alla storia in oggetto, ossia la storia romana antica.
Il tema del falso iconografico e paleografico, approfondito nei saggi di Antonio E. Felle con Valeria Ambriola e nel saggio di Maria Letizia Caldelli, sintetizza il concetto, sopraespresso, riguardo al tempo storico: alterazione, interpolazione, falsificazione e manipolazione sono, nuovamente, il centro dell’interesse degli studiosi che confrontano, analizzano e apportano critiche a iconografie quali risultano somiglianti; dunque plausibili di giustificazione rispetto ad un postero riadattamento come quello cristiano, e non. Si tratta, invero, di paleografia ed epigrafia di lastre in pietra, imposture giustificate da esercizi stilistici di scrittura e composizione, culti di divinità ancora anteriori al pantheon del culto romano e non autoctone rispetto al luogo in cui si esamina il falso.
Primeggia il tema della legge romana ed il ruolo del Senato della Repubblica nei confronti del problema dei falsi e della repressione di questo tipo di reati. La legge prevedeva pene identiche per questa tipologia di reati: tuttavia, il reato di falso poteva essere declinato secondo diverse gravità. Esiste, appunto, il concetto di «quasi falsum» (Pierangelo Buongiorno) che trova spazio nella legislazione romana come reato autonomo da quello di falso, ma, come detto, soggetto alla medesima «poena». Anche durante le procedure comiziali il problema del falso e delle manipolazioni tende costantemente a ripresentarsi: vengono manomessi voti e scrutini. Risultano, però, assenti veri e propri strumenti legislativi precisi contro chi viene scoperto reo di broglio (Federico Russo). La corsa al potere rimane il tema fondamentale per lo sviluppo delle vicende della storia e della società romana antica; conseguentemente questo tema riaffiora nello studio del falso e della manipolazione anche dei discorsi tenuti in pubblico dagli oratori. Anzi. Questa pratica diventerà, almeno fino al II e I secolo a.C., una prassi radicata nell’iter oratorio (Andrea Angius). Ci si avvicina sempre di più alla crisi dell’auctoritas aristocratica ed al ribaltamento dei ruoli di prestigio all’interno dei processi. Il falso ha avuto un ruolo determinante nel corso degli eventi storici più salienti della Res Publica.
Questi brevi esempi appurano l’esistenza costante delle fake news nella storia (Francisco Pina Polo). Le notizie false e la «disinformazione» circolano tramite opinioni e voci di popolo ed influenzano, così, lo svolgimento dei fatti. Il falso esercita un’azione determinante sul popolo e sulle dinamiche sociali che riguardano gli scontri e le aspirazioni di potere fra ceti alti e strati sociali inferiori. A Roma non esistevano strumenti che potessero permettere una trasmissione veloce e massiva di notizie, inoltre, l’oralità era il principale canale di informazione. La diffusione del falso, dunque, risultava immediatamente più plausibile in una società in cui era praticamente impossibile confrontare le informazioni che venivano messe in circolo. Ecco che nasce una sottile linea di demarcazione fra notizia e opinione: questo porta, dunque, alla «disinformazione». Le informazioni false, ciononostante, hanno potuto, in alcune occasioni, condizionare fermamente il corso della storia. Un esempio famoso: la marcia su Roma di Giulio Cesare del 49 a.C., in riferimento al racconto di Plutarco. Seguono altri esempi relativi all’età repubblicana sia all’interno del saggio stesso, sia all’interno della curatela. Si vedano, a riguardo, i saggi di Francesca Cenerini e di Michele Bellomo i quali narrano vicende della storia romana repubblicana incentrata sul falso, ma prendendo in esame un punto di vista nuovo: non più quello istituzionale, ma quello della vita privata (F. Cenerini) e della famiglia. In riferimento a questo ultimo tema citato, l’intervento di Michele Bellomo merita un’attenzione particolare, dato che viene puntualmente sottolineato un aspetto importante circa la crisi, presente già dal III sec a.C., del passaggio fra Repubblica e Principato. Le famiglie, infatti, tendevano ad esaltare le imprese degli avi oppure stilare genealogie attraverso dei falsi con l’obiettivo di poter affermare la propria gens all’interno delle élites romane. Significativo, nondimeno, è l’esempio riportato nel saggio scritto da Laura Mecella, la quale tratta di avvenimenti storici molto più tardi: l’anno di interesse è il 238 d.C. Anche in questo caso si tratta di un anno di crisi: tensioni e violenze fra le varie fazioni sociali dell’Impero sono le protagoniste indiscusse delle dinamiche di distorsione delle informazioni e degli effetti imprevisti nel corso degli eventi che queste hanno comportato. Sarebbe interessante approfondire questi aspetti storiografici riguardanti il falso nei periodi di forte crisi e interrogarsi sul rapporto tra l’uso dei falsi, le crisi istituzionali e l’affermazione dei poteri.
Il suddetto lavoro ha questo merito: permette al lettore di ragionare incondizionatamente riguardo alle tematiche affrontate ed indipendentemente dall’ordine secondo cui i saggi sono presentati nel volume. In questo modo ciascuno può avere la possibilità di riflettere, approfondire e di porre questioni di approfondimento sullo studio intrapreso. Gli interventi degli esperti sono un valido riferimento per tutti coloro che desiderino approfondire ed ampliare le proprie conoscenze. Si ritiene questo aspetto particolarmente gradito: il lettore impara ed è stimolato ad imparare ancora di più, portando con sé una base di critica storiografica e scientifica che i saggi si prestano ad offrire.
Giorgia Capelletti