Wilfried Loth, Tensioni globali. Una storia politica del mondo 1945 – 2020, Einaudi, Torino, 2021, pp. 263, € 21,00.
Nel 2014 la casa editrice Einaudi pubblicava il sesto e ultimo volume della Storia del mondo. Dal 1945 a oggi (a cura di Akira Ariye), nel quale si trova anche questo saggio di Wilfried Loth.
Lo scadere del primo ventennio del XXI secolo ha fornito l’opportunità all’autore di riprendere la sua precedente analisi sulla trasformazione degli Stati e dei rapporti di forza e approfondirla fino al 2020. Il saggio ampliato è stato quindi tradotto da Alvise La Rocca e pubblicato da Einaudi nel 2021.
Wilfried Loth, professore emerito di Storia moderna e contemporanea dell’Università di Duisburg-Essen, annovera tra i suoi principali interessi la storia delle relazioni internazionali dopo la Seconda guerra mondiale, la storia del conflitto Est-Ovest e quella dell’Unione Europea. Dette linee di ricerca si ritrovano nelle pagine di Tensioni globali, nel quale Loth ripercorre i settantacinque anni di storia che ci separano dalla fine del secondo conflitto mondiale, proponendo come chiave di lettura di questi anni il senso di incertezza da cui sono attraversati.
«Alla fine della guerra il futuro della Germania, dell’Europa e del nuovo ordine mondiale era ancora indefinito sotto più d’un aspetto» (p. 18). Con queste parole Loth sintetizza gli anni di fine Seconda guerra mondiale mettendo subito in luce quale fosse il contesto economico, sociale e politico in cui versava il mondo postbellico. Da un lato, vi fu il declino della supremazia dell’ordine statale europeo e dalla disgregazione economica e sociale dell’Europa stessa, dall’altro la conseguente ascesa degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica ad attori principali sulla scena globale.
L’accento posto sull’Europa, sulla Germania e sulle due grandi potenze mondiali contraddistingue i primi tre capitoli, i quali coprono gli anni che vanno dal 1945 al 1991. In questo arco di tempo, infatti, il continente europeo venne scosso non solo dalla discesa di quella “cortina di ferro” che divise l’Europa, e la Germania, dell’Est da quella dell’Ovest, ma anche dalle tensioni derivanti dalla Guerra fredda che imperava tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. L’autore sottolinea come inizialmente le due potenze, nonostante fossero portatrici di sistemi economici e politici diametralmente opposti, si fossero proposte di continuare quella cooperazione che le aveva portate ad essere vincitrici del conflitto. Tuttavia, il susseguirsi di «precise incapacità» da parte di entrambe le potenze, di «un’errata percezione reciproca» e di un rafforzamento del «dilemma della sicurezza» (p. 19) portarono alla definitiva creazione di un blocco sovietico chiuso, che dominava sui Paesi dell’Est, e di un blocco occidentale trainato dagli Stati Uniti.
Lo scontro tra le due potenze, evidenzia Loth, aveva come nodo centrale la questione degli armamenti, specialmente nucleari, e quindi della difesa. Consapevoli che un eventuale scontro sarebbe risultato in un gioco a somma zero, i due Paesi aprirono una finestra di dialogo che portò ad altalenanti periodi di distensione dei rapporti, nei quali furono fondamentali gli accordi SALT (Strategic Arms Limitation Talks).
I confini europei, però, non fecero da argine all’antagonismo tra i due blocchi e le sfere di influenza delle due potenze si allargarono oltre di essi. A questo proposito, l’autore propone una breve ma intensa sintesi degli avvenimenti nel Vicino e nel Medio Oriente, in Asia orientale e sud-orientale, in Africa e, infine, in America centrale e meridionale, mettendoli in relazione sia al processo di decolonizzazione e alle sue conseguenze sia alla contrapposizione USA – URSS e dei sistemi di cui erano portatori. Sempre per quanto riguarda il contesto extraeuropeo, nel capitolo terzo si pone attenzione sull’emergere di nuovi attori nella politica mondiale: innanzitutto, il Movimento dei paesi non allineati, che si propose come contrappeso alla polarizzazione USA – URSS, le Tigri asiatiche e i Paesi dell’OPEC. Dopo aver presentato queste nuove realtà capaci di esercitare una crescente influenza sovranazionale, Loth conclude illustrando i passaggi che portarono al crollo del muro di Berlino (1989) e i fattori che anticiparono la caduta dell’Unione Sovietica (1991). La dissoluzione dell’Unione Sovietica decretò sì la fine dell’ordine mondiale bipolare, ma non l’inizio di un’egemonia americana.
Da studioso di storia dell’Unione Europea, Loth lungo il libro riserva particolare spazio al processo di unificazione europea e, perciò, nel capitolo quarto mette in rilievo che la conclusione della contrapposizione tra i due blocchi diede anche un forte slancio a quel processo di unificazione europea che aveva già iniziato a svilupparsi parallelamente alle dinamiche della Guerra fredda. Pertanto, il consolidarsi di una comunità integrata e il suo progressivo allargamento accrebbero il ruolo dell’Europa sulla scena mondiale, nella quale essa rinvigorì i rapporti con gli Stati Uniti.
Accanto ad una rinnovata Europa, il nuovo ordine mondiale vide l’ascesa prorompente della Cina, che si impose come un importante attore e concorrente economico e l’emergere di stati come l’India, il Brasile e il Sudafrica che acquisirono un ruolo sempre più rilevante a livello regionale e sovraregionale.
Inoltre, il mondo post-Guerra fredda fu attraversato da una serie di conflitti che Loth non dimentica di menzionare. Nella sua narrazione, però, la grande assente è l’Africa. Negli anni Novanta il continente fu sconvolto da guerre civili ed etniche, delle quali il genocidio rwandese (1994) fu una drammatica conseguenza. Avendo citato le guerre nell’ex Jugoslavia, sarebbe stato opportuno approfondire anche gli eventi africani.
A conclusione del libro, Loth afferma che il mondo però non ha ancora smesso di confrontarsi con «tempi di incertezza» (cap. 5). La scelta di aprire il capitolo con la crisi finanziaria poi economica del 2008 e di concluderlo con la pandemia di Coronavirus è rappresentativa di questa incertezza di fondo che percorre, secondo l’interpretazione dell’autore, la storia politica del mondo dal 1945.
Tra la crisi del 2008 e la «crisi del Coronavirus» (p. 242) del 2020, l’autore pone in rilievo un’altra problematica, ancora attuale: l’ascesa del populismo. Tanto nei Paesi europei quanto negli Stati Uniti questa tendenza ha trovato linfa vitale in particolare nella questione dei profughi provenienti dalle aree di guerra e dei migranti, poiché essa è percepita dall’opinione pubblica come una «minaccia – largamente immaginaria – alla sicurezza e all’ordine costituito» (p. 233). Emblematica del successo del populismo di destra è l’Ungheria di Viktor Orbàn, trasformata in una realtà illiberale.
Nel suo complesso il libro offre una sintesi dettagliata degli avvenimenti dal 1945 al 2020 e il lettore giunto alla fine dispone di una solida base di informazioni dalla quale partire per eventuali approfondimenti. Inoltre, la lettura è arricchita dalla presenza di foto e cartine lungo il testo. L’unico neo nell’Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli, perché alcune indicazioni di pagina non corrispondono. Wilfried Loth, infine, lascia aperta ad ulteriori analisi la questione della crisi del multilateralismo, nuovamente aggravata dalla pandemia, e delle sue conseguenze sulla collaborazione tra gli Stati.
Anna Bonetti